La legislatura di quest’ultimo governo sta volgendo al termine, questo però non ha impedito alla Ministra Pinotti, di autorizzare il Siat (sistema di addestramento integrato terrestre), cioè la realizzazione di due villaggi di guerra a Teulada.
I militari si addestreranno all’interno di una riproduzione fedele di villaggi in stile Mediorientale e Balcanico, (Mout site-Military operation on urban terrain), in cui verranno costruite strade, luoghi di culto, negozi, scuole e ogni tipo di struttura si possa trovare in questo tipo di borghi.
La prima volta che si discusse di quest’argomento era il 1999, ma solo nel 2010 fu approvato il contratto, assegnando alla Vitrociset, cioè la società dell’ ex capo di Stato maggiore Mario Arpino, la realizzazione di queste opere.
Il costo dell’operazione dovrebbe aggirarsi intorno ai 20 milioni di euro e verrà realizzata in un SIC (Sito di interesse Comunitario).
Il lasciapassare a quest’ennesimo sopruso da parte del Ministero della Difesa è stato rilasciato questa settimana nonostante il parere del Co.mi.pa (Comitato misto paritetico) che, dopo una riunione tenutasi a Cagliari nel dicembre del 2017, aveva dato esito negativo, non arrivando all'unanimità e quindi alla bocciatura della proposta del Ministero.
Non ci sarà bisogno di alcuna autorizzazione, in quanto è già stato dichiarato realizzabile con le speciali misura di sicurezza.
Nessuna comunicazione da parte del Presidente della Regione Sardegna Francesco Pigliaru
Tutto ciò nel mentre che si sta discutendo in merito ad una possibile riconversione dei siti nei quali sono state imposte le servitù militari in Sardegna (oltre Teulada, le basi militari occupano ben oltre il 50% del territorio tra terra e mare, comprendendo anche le zone di Quirra e Decimomannu, per citare solo le più grandi).
Perciò, nessuna riduzione di esercitazioni a fuoco, sia via terra che via mare, sebbene i sardi si stiano rendendo conto della povertà causata dall'imposizione militare e, nonostante in Regione, più volte, sia stata paventata una possibile chiusura di alcune basi e quindi la loro riconversione ad uno civile.
Il Ministero della Difesa fa la voce grossa e i rappresentanti politici si riducono al silenzio senza porre il minimo ostacolo all'ennesima prevaricazione dello Stato che, senza tener conto delle richieste provenienti dalle varie comunità, ancora una volta imporrà il suo volere, rendendo quei territori sempre più succubi e prigionieri di un’economia malata che nel corso dei decenni è riuscita a impoverire (sia di disponibilità monetarie che umane) un ambiente che, prima dell’avvento dei militari, era ricco di risorse.