Come detto nell’articolo che anticipava l'inizio della manifestazione pacifica, nella quale il popolo palestinese avrebbe marciato intorno ai confini imposti da Israele, sarebbe stata da vedere la reazione che avrebbe avuto il Governo israeliano, abituato ad utilizzare la forza per ottenere ciò che richiede.
La marcia del ritorno è iniziata il giorno che i palestinesi chiamano Yom al-Art; la “Giornata della terra” (evento che ricorda i sei palestinesi uccisi 42 anni fa durante una manifestazione contro l’occupazione israeliana) e durerà sino a alla Nakba (la tragedia per la Palestina, il 15 maggio: la nascita dello Stato di Israele).
Migliaia di palestinesi, bambini, anziani, famiglie, hanno marciato sino ai confini che delimitano lo Stato di Israele per chiedere il "diritto al ritorno" in quelle terre che dal 1948 gli sono state espropriate per dare spazio alle varie colonie israeliane.
La reazione di Israele c’è stata, ed è stata violenta
Sono diciassette i morti accertati, di cui un ragazzo di 16 anni, e oltre 1600 i feriti. E questo bollettino è solo della prima giornata di manifestazione. L’esercito israeliano si è schierato con carri armati, cecchini che sparavano agli “agitatori” perché riconosciuti come terroristi, e che le uniche armi che brandivano erano delle pietre scagliate contro un muro, o contro soldati corazzati, esattamente come i mezzi che sono stati utilizzati per sparare contro le persone.
L’esercito ha anche utilizzato armi di nuova generazione, come i droni lancia gas lacrimogeni che hanno effetti devastanti su tutto il corpo, dalle vie respiratorie alla cute.
Il Consiglio di Sicurezza dell'ONU, sotto richiesta del Kuwait, ha indetto una riunione d'urgenza sulle violenze che si sono verificate a Gaza. A questa riunione si sono dette si da subito contrarie sia la Gran Bretagna che gli Stati Uniti in quanto non avrebbe permesso al rappresentanti di Israele di essere presenti.
In ogni caso il Consiglio non ha, di fatto, preso nessuna decisione in merito e si è limitato a chiedere di continuare ad avere un approccio diplomatico da entrambe le parti.
Il rischio che le morti non finiscano qui è alto, le manifestazioni per il "diritto al ritorno" continueranno, così come certamente continueranno le violenze da parte di Israele. Sarebbe ora che le Nazioni Unite prendessero una posizione concreta in merito, in modo da porre fine, almeno per il momento, a quest'uso indiscriminato delle armi nei confronti dei civili.