Dal 6 di aprile cambia tutto. Se prima di allora con qualche scappatoia si poteva pagare magari meno di quanto pattuito come assegno di mantenimento per la moglie e per i figli, anche quelli avuti dalla convivente, e si procedeva eventualmente ad una causa civile per vedersi corrisposto ciò che spettava di diritto al coniuge o ai figli nati dal matrimonio o durante la convivenza, oggi non ottemperare a questo dovere costituisce reato, punibile con un anno di carcere, o con una multa di 1.032 euro. Dopo la legge Cirinnà, infatti, viene riservato lo stesso trattamento per le mogli e per le compagne conviventi.

Eccezioni solo per chi davvero non può pagare

Il giudice stabilirà se davvero sussistano dei fattori reali che impediscano la corresponsione dell'assegno di mantenimento, vedi una malattia che impedisca di svolgere un qualsiasi lavoro, un licenziamento, il fallimento della propria banca. E se potrà dimostrare che il marito lavora stabilmente e vive con mezzi propri, che è benestante, il coniuge sarà tenuto a versare l'assegno con regolarità e per intero, se non vorrà incorrere nelle nuove pene stabilite.

Prima di questa nuova legge vigeva confusione

Se la moglie non aveva effettivamente uno stretto bisogno del mantenimento per sé e per i figli, comunque complicato da accertare e da stabilire, il coniuge obbligato al pagamento dell'assegno poteva farlo in parte, ed incorrere al massimo in una sanzione pecuniaria.

Accampava magari scuse e vantava la propria buona fede nell'esborso di una cifra sempre inferiore a quella stabilita dal giudice. Questo non potrà più accadere. Salvo le eccezioni menzionate, lo stato di necessità della moglie continuerà ad essere un aggravante, ma non sarà solo questo a far rispettare le regole al coniuge.

Il carcere non sarà immediato

Le porte del carcere non si apriranno subito per chi non pagherà, dato che dopo la prima condanna da parte del giudice, il coniuge potrà godere del beneficio della sospensione della pena. Ma dopo che egli continuerà ad essere recidivo, e quindi a non essere puntuale e preciso nel corrispondere l'assegno di mantenimento, rischierà davvero di finire in prigione.

L'avvocato matrimonialista Gian Ettore Gassani, presidente dell'Associazione matrimonialisti italiani, ha dichiarato che finalmente si configura un mezzo concreto a salvaguardia di quelle donne costrette a sottostare ai ricatti psicologici di mariti o compagni, accontentandosi di una parte misera dell'assegno per loro e per i figli, anche se tutto poi si riconduce sempre alla valutazione del giudice, nel momento della sentenza.