Messaggi lungimiranti dal trapassato remoto avevano forse previsto tutto, o, per lo meno, avevano lasciato intuire qualcosa. Il miracolo della storia è di concedere al contemporaneo uno sguardo critico sulla contemporaneità, servendo una vasta gamma di fattispecie antiche da non recuperare nel post-moderno, da etichettare come errori da non ripetere, da portare al collo come amuleti che esorcizzino la paura di una resurrezione dei mostri del passato che è meglio relegare nel dimenticatoio delle pellicole in bianco e nero. Quando però il presente non fa i conti con la figura specchiata alle spalle preferendo plasmarsi in una dimensione atemporale, il problema è quello di un ignorante narcisismo, della non curanza del già dato che continuerà a dare indossando una maschera nuova per continuare a manifestare la politica antica.

Accade così che la prima bufala sia datata 30 marzo 315: il soggetto politico è la Chiesa e il documento è quella Donazione di Costantino che rivive nel ricordo comune come fosse un evento vissuto da tutti, merito della coesione sociale formata dal libro di storia. Rispolverando il manoscritto, si risale ad una fantomatica donazione dell’Imperatore romano a papa Silvestro I e ai suoi successori, un marchio fasullo che sancisce la legittimazione verso le mire di carattere temporale e universalistico. A millenni di distanza, una vecchia luce evidenzia le falle di uno dei più grandi apparati storici, costretto a riorganizzare l’intero assetto dopo la scoperta di una base palafitticola che ne reggeva la struttura.

Niente di nuovo sotto il sole, si direbbe dunque allo scoppio del caso ‘Lettergate’. Il protagonista storico è ancora la Chiesa, il personaggio non è Costantino ma monsignor Dario Eduardo Viganò, l’uomo che papa Bergoglio ha voluto come direttore di tutti i media vaticani. L’intento di Viganò è di magnificare la figura di papa Francesco, presentato dapprima come ‘pastore’ e adesso come colto teologo.

Per palesare la figura del papa quale guida intellettuale, la libreria Vaticana è scesa in piazza con una raccolta di 11 volumetti scritti da altrettanti teologi intenti a declamare la figura del pontefice illuminandone una prospettiva differente.

In un periodo storico totalmente privo di precedenti, caratterizzato da un duplice pontificato con due papi al contempo in vita, accade che la coesione sia assicurata da un mezzo particolare che cambia denominazione a seconda del produttore, del tempo, del campanilismo geografico.

Allora si parlerà di notizia falsa, di bufala o fake news, riferendosi pur sempre ad una realtà mistificata, a una deviazione che incanala un evento in una dimensione differente rispetto alla verità oggettiva dei suoi sviluppi.

L’opera di Viganò incontra l’ostacolo della poltrona per due che caratterizza il trono di Pietro, cosicchè il problema dettato dalla scomoda convivenza con la figura del raffinato teologo già in capo a papa emerito Benedetto XVI, prova ad essere aggirata con uno stratagemma poco ingegnoso: falsificare un documento. Monsignor Viganò chiede a Joseph Ratzinger di scrivere un’introduzione agli 11 volumetti elogiando la figura del successore Francesco, ma riceve un ‘no’ categorico anche a causa della compartecipazione di Peter Hunermann nella raccolta di Bergoglio, studioso in netto contrasto con Ratzinger su elementi di dottrina morale.

Qui s’interseca la linea di raccordo che unisce il presente al passato già visto, con una conferenza stampa in cui Viganò legge parte della lettera di Ratzinger, quella in cui si descrive Papa Francesco come un acculturato teologo, tralasciando le motivazioni esplicite per le quali aveva rifiutato di leggere e commentare i volumetti. Alla scoperta del caso il direttore dei media vaticani pubblica la lettera per intero e rassegna le dimissioni, mentre papa Francesco nell’omelia della domenica delle Palme attacca chi ‘manipola la realtà e crea una versione a proprio vantaggio e non ha problemi a incastrare altri’, nonostante abbia assolto il suo artificiere proponendogli il rinnovo del mandato.

Che la Chiesa fosse il punto nevralgico attorno al quale ruotano gran parte degli sviluppi storico-politici di tutti i tempi non è motivo di stupore; che uno dei fili di raccordo che unisce i movimenti dei burattini in una potenziale rappresentazione allegorica possa essere la continua iterazione di un falso, forse potrebbe stupire maggiormente. A dare manforte ad un secolo ermabifronte caratterizzato da una continua lotta tra vero e falso e tra ciò che è doxa (mera opinione) ed episteme (vero sapere), contribuisce la causa di ‘La Repubblica’ e il tema del giorno è, guarda caso, la dogmatica religiosa.

Odiffredi, divulgatore scientifico e firma di Repubblica, attacca il fondatore Eugenio Scalfari.

La colpa è la divulgazione di Fake News su papa Francesco. L’ideatore del quotidiano intrattiene col papa un rapporto privilegiato che spesso lo porta a Santa Marta, sua residenza, dove i colloqui tra i due si trasformano in comunicazioni pubbliche, presto stampate sul giornale. La polemica nasce dal metodo di pubblicazione, con fantasmatici discorsi che sarebbero frutto dell’immaginazione di Scalfari, stando alle critiche riservategli, poiché le comunicazioni non sarebbero registrate o appuntate. Con una premessa tale, è facile l’accusa che inquadra le parole di Francesco sull’inferno come frutto dell’immaginazione di Scalfari: ‘L’inferno non esiste, le anime dei dannati svaniscono’. La polemica di Odiffredi verte poi sulle modalità d’incontro che spesso, come afferma l’accusato, sarebbero direttamente volute dal papa in persona, cosa- a suo dire- molto improbabile.

Malgrado tutto ciò che passa attraverso, rimane la decostruzione e ricostruzione di un giornale sullo stesso giornale, di una notizia sulla notizia, ingenerando una confusione frutto di apporti differenti, di verità contrastanti a seconda dell’interpretazione. È il trionfo del Dottor Jekyll e Mister Hyde e di quel doppio che da sempre ha caratterizzato soprattutto la letteratura Pirandelliana dal Fu Mattia Pascal a Uno Nessuno e Centomila, in cui i personaggi fanno continuamente riferimento ad una frammentazione dell’io che crea altre mille versioni della stessa persona.

Le fila che tessono questo reticolo esegetico, sono alla base di una società magmatica trovatasi a fare i conti con il passaggio da una verità aleturgica- frutto di una rivelazione da un ente o soggetto che occupi la posizione di raccordo con la divinità rivelatrice- ad una verità apofantica con tesi e antitesi a confronto.

La risultante è una parcellizzazione dell’insieme che crea il miracolo del vero trasformatosi in falso (vedasi il caso Caf e reddito di cittadinanza) o del falso trasformato in vero, un incubo che rende difficile tracciare uno iato che separi nettamente le due istanze se inserito nello schema illimitato dei social e delle reti telematiche.

Mentre la menzogna è diventata il collante di una doppia realtà in cui ‘vero per falso fa falso’, d’altro canto quell’aletheias ha nell’etimologia il suo punto di forza, con un alfa privativo e una radice del verbo lanthano- nascondere- facendo della verità ciò che non si può nascondere.