E' di pochissimi giorni fa la notizia che Barilla, il più grande produttore mondiale di pasta, ha deciso di non importare più grano dal Canada. La multinazionale di Parma ha preso questa drastica decisione dopo che molti consumatori avevamo mostrato preoccupazione per la presenza in quantità cospicue nella materia prima importata proprio dal Canada del pesticida glisolfato.
Il glisolfato
Il glisolfato è uno dei più potenti erbicidi in commercio: inventato dalla Monsanto, scaduti i diritti brevettuali, è ormai prodotto e usato in quasi tutto il mondo.
Il suo effetto non si limita a fra seccare la pianta ma viene impedita anche da subito la capacità germinativa dei semi. Grazie al suo utilizzo siamo stati abituati per decenni a vedere biondi campi di grano senza l'ombra di gramigna. Presentata all'inizio come sostanza "sicura", oggi alcuni studi hanno parto una discussione sulla sua tossicità per l'uomo, tanto che l'Associazione Mondiale per la ricerca contro il cancro, ha inserito il glisolfato fra i prodotti potenzialmente cancerogeni. Molti paesi ne hanno bandito e limitato l'uso.
Il Canada e il grano "inquinato"
Dopo la crisi Ucraina, storico produttore e fornitore di grano all'Europa, è cresciuta l'importanza dei produttori anglosassoni: Canada, Stati Uniti ed Australia.
Proprio il Canada tollera un uso più massiccio di pesticidi. I residui nel grano, pur rispettando i limiti previsti dalle normativi europee sono cospicui. Il direttore acuisti di Barilla ha così deciso di non importare più grano canadese.
Qual è la situazione del settore
Da sempre il grano duro che serve per confezionare la pasta in Italia (non è così ovunque: ad esempio in Germania si usa il meno pregiato - perché meno ricco di glutine - grano tenero) è il larga parte importato.
Anche Barilla dichiara che almeno il 30% del proprio grano viene dall'estero. Nulla di male se non nel fatto che nei paesi extraUE le normi sui pesticidi sono meno severe. Barilla ha più volte dichiarato che richiede un uso programmato (non il suo non uso) di pesticidi, in particolare il glisolfato. E il Canada non è in grado di attenersi a queste indicazioni.
Da lì la scelta "italiana" della multinazionale, con la scelta di investire con 240 milioni di euro su 5000 aziende agricole per incrementare la produzione nazionale. Molti pastifici italiani stanno prendendo questa strada su pressioni dei cittadini che richiedono un prodotto nazionale e dal 18 febbraio sull'etichetta della pasta venduta in Italia si deve dichiarare la provenienza del grano.
Un'attenzione che sta contagiando altri campi
E' ormai chiaro che il consumatore italiano guarda con preoccupazione la qualità dei prodotti che consuma: il netto rifiuto dei prodotti OGM (la stessa Barilla dichiara che i suoi prodotti sono OGM free) e la ricerca di materia prima italiana sono una tendenza che non solo le multinazionali cavalcano.
Anche i piccoli pastifici spesso sottolineano l'acquisto "italiano". Pochi mesi a fa il pastificio Ramen a mano di Milano ha annunciato che sua la produzione della tipica pasta (di grano tenero) cinese avrebbe utilizzato solo grano marchigiano.