Il 23 aprile 2018, il primo ministro armeno Serzh Sargsyan si è dimesso dopo soli 6 giorni di mandato, e dopo essere stato alla guida del Paese negli ultimi 10 anni. Nella sua lettera di dimissioni, il leader politico ha dichiarato: "lascio il posto da primo ministro del paese. Il movimento nelle strade è contro il mio mandato. Sto esaudendo la sua richiesta". La cittadinanza armena, riversatasi nelle scorse settimane nella capitale Yerevan per manifestazioni pacifiche, con il suo movimento di protesta ha, di fatto, spinto Sargsyan a prendere questa decisione storica.

L'accusa dei manifestanti nei confronti dell'ex premier era quella di aver ceduto agli interessi della Russia, e di non aver contrastato efficacemente la corruzione strisciante nel sistema politico armeno. Alla protesta si sono aggiunte anche le forze armate, sempre allo scopo di far sentire la propria voce pacificamente. Nonostante ciò, si sono comunque verificati degli scontri tra i dimostranti e la polizia, che hanno causato circa 46 feriti e numerosi arresti.

Perché la protesta?

La disobbedienza civile e l'attivismo politico che hanno spinto i cittadini a protestare, non erano diretti solo verso il premier, ma anche contro l'intero sistema politico corrotto. Gli armeni, infatti, in questi giorni sono scesi in piazza per manifestare la propria insofferenza verso un sistema oligarchico, per ribellarsi alla corruzione, alla povertà estrema dilagante nel paese e alla mancanza di libertà d'espressione che ha portato all'arresto di numerosi esponenti politici, come il leader dell'opposizione Nikol Pashinyan.

La cittadinanza, dunque, ha chiesto in queste settimane di abbattere e superare le attuali dinamiche socio-politiche, ribellandosi anche alla nuova forma di governo rappresentata dall'ormai ex primo ministro Serzh Sargsyan, al fine di cambiare completamente le istituzioni.

Un paese dai confini problematici

Il territorio armeno ha una certa rilevanza per quanto concerne i suoi connotati religiosi.

Infatti, come riportato dalla Bibbia, al termine del diluvio universale, l'Arca di Noè si fermò sul monte Ararat che, storicamente, avrebbe fatto parte dell'Armenia, salvo poi rientrare negli attuali confini della Turchia. Impero ricco e potente fino a qualche secolo fa, l'Armenia di oggi, ex Stato dell'Unione Sovietica, sembra essere stata dimenticata dall'Occidente.

I confini armeni restano problematici ad est con l'Azerbaijan, dove i due eserciti si scontrano quotidianamente per la rivendicazione territoriale della feconda area di viticultura del Nagorno Karabakh. Ad ovest si trova la Turchia, il cui confine via terra rimane chiuso, poiché il riconoscimento del genocidio armeno del secolo scorso è ancora oggi motivo del contendere tra i due Paesi. Stretto da questa morsa laterale e senza sbocchi sul mare, l'accesso al paese è possibile dal nord tramite la Georgia e dal sud passando per l'Iran.

L'Armenia deve fare i conti con una situazione interna piuttosto instabile, con il 33% della popolazione che vive sotto il limite di povertà, e un cittadino su cinque che risulta disoccupato.

Non sorprende, dunque, che in queste settimane la cittadinanza, giunta al limite della sopportazione, abbia deciso di manifestare il proprio malcontento, sancendo di fatto la fine del potere politico di Sargsyan.