Pericolosa e sconcertante scoperta, quella effettuata dall’indagine di “Nexus Media”, che, tramite la reporter Marlene Cimons, ha fatto venire a galla un segreto vecchio di 50 anni. Infatti, il ritrovamento effettuato, ha messo spalle al muro la condotta militare statunitense nella sua strategia militare durante la Guerra Fredda.

Nella base di Camp Century, con il riscaldamento globale e lo scioglimento dei ghiacci, che per lunghi anni hanno nascosto l’inganno americano, sono state rinvenute tonnellate di rifiuti tossici: decine di migliaia di litri di gasolio, grandi quantità di “PCB” ed altri materiali estremamente radioattivi.

Come se non bastasse, questa base militare, situata in Groenlandia, era dichiaratamente clandestina già all’epoca, ed ora si trova in territorio danese, nazione da sempre contraria ed opposta all’utilizzo del nucleare.

I militari statunitensi, dal 1967, hanno abbandonato questa ed altre stazioni di controllo strategico. Durante il conflitto con l’Unione Sovietica, infatti, gli USA usarono atolli ed isole del Pacifico per mantenere attivi i 600 missili balistici a medio raggio puntati contro il paese nemico.

Ecosistema marino in pericolo: Stati Uniti primi colpevoli

Il caso riguardante Camp Century, in realtà, oltre ad aver creato scalpore, ha sollevato una problematica ben più profonda. Gli USA, infatti, durante tutta la Guerra Fredda, hanno utilizzato, tra le tante basi del Pacifico, anche l’atollo Johnston e l’isola di Marshall.

La complicanza evidenziata dallo studio, però, non si ferma alle scorie in Groenlandia ma s’estende anche a queste ultime localizzazioni.

I maggiori esponenti dell’ecologia mondiale stanno, tuttora, cercando di capire quali possano essere le conseguenze effettive di questo “abbandono radioattivo”; lo scioglimento dei ghiacci ed il riscaldamento globale, effettivamente, sono un problema recente e che mai si sarebbe potuto prevedere negli anni della condotta illegale americana (metà anni ‘60).

Sicuramente il rischio più elevato è che, con l’innalzamento del livello dei mari, queste scorie si intromettano nell’ecosistema marino e ne distruggano la vita e la loro sopravvivenza, minando l’equilibrio finora creatosi.

Aggiunto a tutto ciò ci sono altre due riflessioni da effettuare: una puramente economica e l’altra riguardante la condotta della nazione americana.

La prima, prettamente tecnica, è relativa al possibile risarcimento che gli USA potrebbero essere costretti a versare nelle casse della Danimarca (il cosiddetto costo di disinquinamento). La seconda, più strutturale, e che porta a riflettere, è come sia possibile che una nazione così influente e potente, non abbia mai limitato l’utilizzo del nucleare, non comprendendo il serio pericolo con il quale ci si deve confrontare. Solo in Italia, infatti, la nazione guidata da Trump, ha posizionate 90 bombe nucleari (tra Ghedi ed Aviano).

In ultima analisi, vi è un aspro scontro tra il paese “a stelle e strisce” e la comunità di denuclearizzazione che, in un periodo di stabilità pressoché nulla, aggiunge soltanto tensione e rischia di causare una crepa profonda all’interno delle varie alleanze internazionali.