A una settimana dall'attacco con armi chimiche a Douma, Donald Trump decide di rendere concrete le minacce di attacchi missilistici, mirati a quelli che, secondo le informazioni in mano ai tre Paesi che hanno sferrato l’attacco, sarebbero dei siti legati alla produzione di armi chimiche.
'Un attacco perfettamente eseguito'
Queste le parole di Trump a seguito dei bombardamenti, ringraziando Francia e Regno Unito “per la loro saggezza e la potenza dei loro raffinati eserciti”. In particolare i raid avrebbero colpito un centro di ricerca, un sito di stoccaggio per armi chimiche ed un centro di comando ad Homs, situati tutti in territori dove fino a poco tempo fa vi era la presenza dei ribelli e dei miliziani dell’Isis con cui, come ormai noto, Assad sta combattendo una guerra civile da sette anni.
E proprio il fatto che il regime siriano stia vincendo la guerra, fa dubitare a molti che sia stato proprio Assad ad ordinare un attacco con gas chimici indirizzato al proprio popolo. Posizione questa, fortemente appoggiata da Putin, storico alleato della Siria, che tramite il ministro degli Esteri Russo Lavrov ha addirittura accusato Londra della “messinscena” di un attacco chimico a Douma. Ciò che però ha stupito più di tutto l’opinione pubblica, è stata la velocità con cui si è presa la decisione di eseguire i bombardamenti. Infatti, nonostante Usa e Francia abbiano dichiarato di avere le prove che l’attacco sia avvenuto e che sia stato ordinato dal regime di Assad, gli esperti dell’Opac (l’organizzazione per la proibizione delle armi chimiche), avrebbero iniziato a lavorare a Douma proprio il giorno seguente alla notte dei bombardamenti.
Un dato interessante viene dato poi dal generale russo Serjey, secondo cui l’attacco congiunto sia consistito in 103 missili lanciati, di cui solamente 32 avrebbero raggiunto terra siriana, mentre i restanti 71 sarebbero stati intercettati dalle difese aeree in possesso del regime.
Clima da Guerra Fredda
Ciò che ora preoccupa è uno scontro tra americani e russi, nonostante nell’attacco i missili non abbiano colpito le basi militari russe in Siria.
Il fatto che la Russia sia stata avvisata dell’attacco, ha comunque permesso di limitare i danni: le dichiarazioni della Premier britannica May, secondo la quale l’intento non è quello di destituire Assad, lasciano ancora un margine alle trattative, anche perché si riconosce in Assad l’unico in grado di arginare le conquiste dello Stato Islamico.
A seguito di questo bombardamento la situazione in Siria si è, pero, ulteriormente complicata viste le numerose nazioni e i popoli coinvolti, rendendo difficile fare previsioni su quello che potrà accadere. Si teme, ad esempio, un attacco delle milizie sciite, legate all’Iran e alleate di Assad, alle forze militari americane presenti in vari territori del Medio Oriente, senza dimenticare che Putin è un ottimo alleato su cui fare affidamento per il regime siriano. E così ancora una volta, dopo Iraq e Libia, l’Occidente si serve della forza per porre fine a questioni delicate, le cui apparenti risoluzioni si rivolgono inesorabilmente contro la popolazione civile.