Si potrebbero raccontare innumerevoli aneddoti su Philip Roth, venuto a mancare proprio oggi, e ognuno di essi parrebbe inadeguato. Ma un particolare della sua carriera di scrittore cattura la nostra attenzione, in questo giorno di lutto per il grande letterato: uno dei suoi libri, possiamo a ragione pensare, anticipò, con un’impressionante narrazione particolareggiata, quello che sarebbe realmente avvenuto con l’elezione di Donald Trump.

La produzione fantapolitica

Già in Pastorale Americana, Roth aveva abilmente tinteggiato metà secolo di storia statunitense all’interno di una cornice dalle tinte fosche, psicanalizzando i suoi personaggi, demistificando la guerra del Vietnam, gettando luce sui cruenti scontri razziali, sugli attacchi terroristici, il melting-pot culturale e sociale delle periferie dei grandi agglomerati urbani.

Ma qui la nostra attenzione ricade su Complotto contro l’America: un sapore dai toni distopici e fantapolitici contraddistingue questo capolavoro. Roth ricostruisce un avvenimento della storia americana ambientandolo nel lontano 1940 (il che ricorda tanto ciò che Manzoni fece per criticare gli austriaci: meglio vestirli da spagnoli): a vincere le elezioni di quell’anno è Charles Lindberg, noto aviatore e simpatizzante del nazismo e dell’isolazionismo .

Tra questo romanzo ucronico pubblicato nel 2004 e la scalata alla Casa Bianca di Donald Trump, più di tredici anni dopo, i punti di tangenza, voluta o casuale, sono agghiaccianti. Il protagonista, dalle manie conservatrici e nazionaliste, dall’equilibrio psichico altalenante, sale al potere in maniera tanto inaspettata quanto è realmente accaduto con Trump, col mondo incredulo dinnanzi ai risultati elettorali del 2017.

Anche lo slogan usato nel libro per la campagna dell’aspirante presidente è stupefacente: America first.

Lindberg come Trump?

Secondo un canone tipico di Roth, determinante per l’orientamento dell’indirizzo politico di Lindberg è un’accentuata nota antisemita, con una potenza straniera, guarda caso proprio la Germania nazista, che orchestra abilmente il processo elettorale d’Oltreoceano.

Roth s’è sempre guardato bene dall’affermare che sì, tutto il romanzo volesse essere una profezia, pensando invece alla tragedia degli ebrei d’Europa nel Vecchio Continente.

“Stavo solo cercando di immaginare cosa sarebbe stato per una famiglia ebrea come la mia, in una comunità ebraica come Newark, un qualcosa anche vagamente simile all’antisemitismo di stampo nazista nel 1940, al termine del decennio più acutamente antisemita della storia”.

Queste le parole dell'autore. Su questi presupposti ecco che v’era la necessità di costruire ad arte il monopolio di un governo dispotico e accentratore, quasi come quello di Trump, che ricorda quotidianamente quanto ogni cosa sia possibile, persino una catastrofe nucleare.

Ironia vuole che il nostro scrittore ponesse Lindberg su un gradino più alto del magnate che ora siede alla Casa Bianca: il primo era un eroe d’aviazione, che aveva impressionato le folle con la sua gloria militare; Trump, per Roth, è un genio della truffa. Non si devono dimenticare, infatti, le simpatie democratiche roosveltiane di Philip, quando di democratico in America, ad oggi, sembra esserci ben poco.