"Circa 60 bambini al giorno nascono in condizioni spaventose, lontano da casa, da madri sopravvissute a violenze, traumi e a volte stupri", spiega Edouard Beigbeder, rappresentante dell'agenzia Onu per i minori in Bangladesh. "Questo è molto lontano dal miglior inizio della vita".

Un’escalation di violenza nello Stato di Rakhine, in Myanmar, ha costretto circa 500 mila Rohyngia, minoranza birmana di religione islamica, a fuggire oltre confine. In Myanmar le condizioni di vita dei Rohingya, una delle fasce più povere della popolazione, sono sempre state estremamente complesse e traumatiche.

Il governo birmano non riconosce loro la cittadinanza: sono ritenuti bengalesi musulmani, arrivati con la colonizzazione britannica. Non possono muoversi liberamente nel paese e vivono in campi sovraffollati fuori dalla città di Sittwe, capoluogo del Rakhine.

Vengono cacciati con operazioni di "pulizia etnica" e si dirigono verso i campi profughi improvvisati di Cox’s Bazar in Bangladesh. Gli sfollati raccontano di centinaia di persone uccise, fra cui molti bambini. Il sovraffollamento dei campi costringe donne e bambini a passare la notte all’aperto, manca l'acqua potabile e il cibo scarseggiano. Nei campi profughi dove vivono circa 800.000 profughi, si stima che solo negli ultimi nove mesi siano nati 16.000 piccoli.

Le violenze

Gli scontri armati e i rastrellamenti dell’esercito hanno fatto sì che fra agosto e settembre 2017 si siano verificati centinaia di casi di stupri e violenze da parte dei militari del Myanmar su giovani donne Rohyngia esiliate in Bangladesh. Le donne e i bambini sopravvissuti alle violenze sono gli elementi più fragili ed emarginati dei campi profughi, hanno per questo motivo bisogno di assistenza specializzata.

Il timore è che le donne per vergogna nascondano la gravidanza o abbandonino i piccoli appena nati, mettendo a rischio la loro stessa vita e quella dei neonati in mancanza di cure idonee.

Mobilitazione umanitaria

Oltre 250 volontari sono stati mobilitati dall’UNICEF per fornire assistenza prenatale e postnatale alle giovani madri e ai loro figli.

Gli operatori umanitari si occupano inoltre di setacciare i campi alla ricerca delle donne vittime di violenze, poiché in un campo come quello delle violenze sessuali e di genere, spesso le vittime non sono in grado di cercare e trovare l’aiuto di cui hanno bisogno.

Si stima che saranno almeno 48.000 le donne che partoriranno nel campo profughi nel 2018. La preoccupazione maggiore è che i nuovi nati possano essere esposti al rischio di ulteriori persecuzioni, in quanto etichettati come “figli non desiderati” e stigmatizzati, rendendo ancora più drammatica una situazione apparentemente senza via d’uscita.