Una schiera tutta al femminile guidata dalla regista Eva Huddos, ha lasciato il segno al Festival di Cannes. A capeggiarle Cate Blanchett, presidente di giuria, la quale scosta dal suo ruolo imparziale a favore di una causa femminile, più che per un film in gara, la quale ha affermato: "Le donne non sono minoritarie nel mondo, eppure la nostra industria dice il contrario". Ecco quindi che 82 donne sfilano sul red carpet, accompagnate dagli ideali di parità, dignità e rispetto; 82 come il numero delle registe che in 71 anni hanno partecipato al festival, contro i più di 1600 resisti.

I numeri parlano chiaro, ha forse ragione la Blanchett? Sicuramente questo fine settimana a Cannes è stato un colpo basso per la misoginia.

Differenze di genere: tra emarginazione ed empatia

Sebbene il mondo e il femminismo abbiamo fatto passi avanti nella conquista di parità e diritti delle donne, molti sostengono che non siamo neanche a metà strada. Le differenze tra uomini e donne sono definite dal mero sesso biologico, che coinvolge anche aspetti psicologici e sociali. L'insieme di questi aspetti viene definito genere, ovvero il modo in cui la società rappresenta queste differenze., ma che rapporto esiste tra sesso e genere?

Nella cultura occidentale si è pensato, per molto tempo, che le differenze di genere rispecchiassero le semplici diversità biologiche, o comunque "naturali" tra i due sessi.

La maggiore o minore enfasi porta a due interpretazioni diverse: da un lato vi è l'assoluzione del genere,ovvero la convinzione che le caratteristiche psicosociali siano un dato irreversibile, dall'altro si trova l'oblio del genere, cioè la tendenza a cogliere nelle differenze sessuali semplici varianti di una sola natura, che è identificata in quella maschile.

Fu il movimento femminista, principalmente nella seconda metà del Novecento, a denunciare l'inadeguatezza di tale quadro interpretativo, criticando come sia riduttivo nei confronti dell'esperienza psicologica di uomini e donne e fortemente discriminatorie per quest'ultime. Inoltre il pensiero femminista fu il primo a porre la questione degli stereotipi di genere, evidenziando la rigidità dello stereotipo femminile; a favore di questo tema si schiero soprattutto Elena Gianini Belotti, la quale pubblica nei primi anni 70 del Novecento, "Dalla parte delle bambine".

In quest'opera critica pesantemente gli stereotipi di genere diffusi nella società, accusandoli di forzare le tendenze naturali dei bambini, partendo dall'idea che non esistono "qualità" maschili e femminili.

Oggi si contrappone a questa idea la scrittrice e critica femminista, Carla Lonzi, la quale espone nel suo saggio, "Sputiamo su Hegel", la sua presa di coscienza riguardo alla condizione della donna nel mondo.

La scrittrice si rende conto dell'assenza della donna dalla storia e di come sia stata sempre definita in rapporto all'uomo. Inoltre continua con una forte critica ad Hegel, Marx e Freud, definisce inoltre che la donna non debba combattere per l'emancipazione,poiché significherebbe adattarsi a schemi imposti, ma creare un percorso proprio, differente.

Questo perché le differenze sia biologiche sia psicologiche tra i due sessi, esistono e la donna non deve adattarsi alla natura e alla psiche maschile, ma descrivere la propria.

Anche nel caso della psicologia, è stato in gran parte il movimento femminista a dare l'input deciso alla riflessione del genre. Si tratta di una questione già sollevata nel 1949 da Simone De Beauvoir nel saggio "Il secondo sesso". L'autrice si pone l'interrogativo "Cos'è la donna?" , osservando come la domanda, a prescindere dalle risposte, fosse già significativa: nessun si chiederebbe mai "che cos'è un uomo", poiché nella mentalità comune pensiamo che egli rappresenti l'essere umano come tale, mentre la donna è "l'altro", "il diverso".

Smascherare tale equivoco costituisce dunque il presupposto per una riflessione sul riconoscimento della donna come soggetto.

Accogliere questa istanza di "riconoscimento" all'interno della psicologia significa contestare modelli scientifiche e ricerche che hanno dato una lettura riduttiva della realtà femminile. Kohlberg si confronta, ad esempio, con Carol Gilling, secondo la quale la ricostruzione data dallo psicologo del "dilemma di Heinz", limita il giudizio morale delle bambine, le quali cercavano una soluzione alternativa, invece di limitarsi ai semplici giudizi categorici nei confronti del protagonista. In conclusione, possiamo pensare di batterci per un'uguaglianza tra i sessi o accettare le differenze, soffermandosi sull'uguaglianza dei diritti e doveri.