Direttamente sul web è comparsa, da qualche giorno, una lettera di una educatrice laureata che, dopo aver concluso il percorso di studi accademici, ha voluto esternare tutta la propria delusione e rabbia nei confronti di un sistema, quello italiano, che non garantisce un ruolo ben preciso a tutti coloro che vorrebbero entrare a far parte delle istituzioni educative.

La critica mossa verso questi organi specifici è stata quella di non saper dare il giusto incarico alle differenti figure che agiscono in questi ambiti. Secondo l’educatrice, infatti, in determinati luoghi lavorativi (le scuole primarie), sono attive delle maestre che hanno conseguito un diploma quadriennale e, a suo modo di vedere, esse, per fare solo un esempio, non hanno alcuna dimestichezza con il computer, ormai entrato a far parte della “quotidianità scolastica”.

La lettera continua in maniera assai dura e decisa, affermando che gli eventuali corsi d’aggiornamento per quest’ultime non sono utili poiché non le porterà mai ad un livello accettabile di dimestichezza. L’autrice conclude, infine, con un’immagine di forte impatto, sostenendo che i neo-laureati sono costretti a rimanere senza un’occupazione e ad aspettare nelle proprie abitazioni, correggendo gli errori grammaticali che i figli copiano da un’insegnante abilitata da un diploma, che non ha però una laurea.

L’assurdità italiana è poi così paradossale?

La missiva dell’educatrice sembra poter raccogliere, sotto un’unica voce, il parere di numerosi “dottori”. Essi si sentono indignati rispetto a questi trattamenti che potrebbero vedere favoriti coloro che hanno ottenuto “solo” un diploma quadriennale.

Le rivendicazioni sono quelle di poter favorire i giovani alla ricerca di un lavoro, volenterosi di rimpiazzare ed accrescere il livello dei docenti tutt’oggi impiegati.

Ad una prima osservazione potrebbe essere corretta questa interpretazione che, però, non tiene conto di alcuni fattori fondamentali per la vita e per lo sviluppo del nostro paese.

Come prima critica si potrebbe fornire quella che non sia attuabile un licenziamento di tutti quei maestri che, da anni, gravitano stabilmente all’interno del sistema scolastico. Infatti, numerose sono state le lamentele, negli ultimi anni, riguardanti la disoccupazione giovanile ma non potremmo nemmeno far passare sotto silenzio un sollevamento dagli incarichi di questa portata.

Con l’età del pensionamento i docenti più datati saranno comunque sostituiti dalle “nuove leve” laureate che potranno portare una nuova aria innovatrice.

Il problema non può essere risolvibile, ad oggi, poiché causerebbe troppi disagi in tutti gli strati sociali della popolazione. I vecchi insegnanti rimarrebbero senza un lavoro e la disoccupazione rimarrebbe al livello attuale o addirittura crescerebbe.

Dal punto di vista dell’asserzione primaria, inoltre, numerose potrebbero essere le recriminazioni. L’educatrice, agli esordi dell’epistola, afferma che, ormai, in Italia, essere laureati vale meno dell’essere diplomati.

Sinceramente, allo stato attuale delle difficoltà nostrane, mai affermazione potrebbe essere più avventata e frettolosa.

Se, infatti, i posti di lavoro scarseggiano, la richiesta sicuramente aumenta il proprio livello ed il proprio valore, facendo lievitare la ricerca di personale specializzato.

Al tempo del diploma quadriennale, la nostra nazione verteva in acque ben più tranquille e calme: bastava ottenere un’abilitazione di quel tipo e non si avevano pretese così elevate.

Ad oggi, le circostanze si sono ribaltate totalmente e ciò che trent’anni fa poteva essere sufficiente, ora non basta più. Serve una maggiore specializzazione ed una preparazione più precisa. La laurea è fondamentale e chi riuscirà, fin da subito, ad avere un livello culturale elevato, otterrà i pochi posti ancora disponibili. Infine, non possiamo nemmeno criticare coloro che, da anni, forniscono le basi dell’istruzione elementare e non possiamo far loro una colpa se, al tempo, una laurea non era necessaria.