Cosa spinge 3.500 donne irlandesi a recarsi, ogni anno, in Inghilterra per le interruzioni di gravidanza, e altre 2mila ad ordinare illegalmente online pillole per l’aborto, rischiando fino a 14 anni di carcere? È presto detto. Basti pensare a cosa accade, ormai da giorni, in irlanda. Il 25 maggio 2018, la nazione che prima di tutte ha espresso il suo consenso verso i matrimoni tra persone dello stesso sesso, si troverà a votare per decidere le sorti dell’ottavo emendamento della Costituzione che, impedisce alle donne di abortire. Due le scelte, “Si” o “No”, che in questo ultimo mese hanno diviso il Paese.

Uno sguardo al passato

Introdotto nel 1983 attraverso referendum costituzionale, l’emendamento protegge “il diritto alla vita di chi non è ancora nato”. Ecco che, il 7 ottobre di quello stesso anno, il 63 per cento degli elettori si espresse a favore della norma, negando alle donne irlandesi la possibilità di abortire anche in caso di violenza o di anomalie del feto. Un primo cambiamento si ebbe nel 1992 quando, la Corte Suprema irlandese, stabilì che l’aborto potesse essere praticato nel caso in cui la gravidanza potesse risultare fatale per la donna. A causa della scarsa chiarezza del provvedimento, la legge fu votata in Parlamento solo nel 2013.

Il Paese si prepara al referendum

In un Paese segnato dalla tradizione cattolica, da sempre anti-aborto, il vento sta progressivamente cambiando.

Secondo gli ultimi prospetti, il “movimento” del all’abrogazione dell’emendamento, sembrerebbe essere in vantaggio, anche se minimo. D’altro canto, il fronte pro-life, nell’ultimo mese, ha riguadagnato terreno, accogliendo i consensi di giovani e abitanti dei ceti più colti e benestanti. Resta comunque evidente un aspetto: il forte cambio di direzione che, culturalmente parlando, ha investito l’Irlanda.

Merito di chi, però? Di una chiesa meno opprimente sul piano ideologico o di una generazione di ragazzi meno influenzabile? La risposta è da ricercare nella contaminazione interculturale che ha portato un gran flusso di migranti, in particolare brasiliani e persone dell’est Europa, a inserirsi nella comunità irlandese modificandone la struttura.

Se prima la chiesa cattolica era l’unica in città, ora sono presenti diverse confessioni cristiane che, grazie a lenti cambiamenti socio-culturali, hanno indotto ad accettare tematiche definite scandalose, vedi i matrimoni tra persone dello stesso sesso o l’adozione.

Il movimento pro-life

A porre resistenza all’inaspettata avanzata del si, è il movimento pro-life, rinvigoritosi recentemente dato l’aumento dei consensi, provenienti per lo più dalla nuova generazione di adolescenti. Il fronte del no è caratterizzato da un’impronta prettamente cattolica, ispirata dalle parole dell’Arcivescovo di Dublino, monsignor Diarmuid Martinper cui, la chiesa e i suoi fedeli hanno l’obbligo di essere sempre a favore della vita.

Ideali questi, a favore dell’emendamento che ormai da 35 anni è oggetto di discussione.

Ingiustizia o provvedimento sensato? Appaiono ora chiari i motivi delle proteste e del perché l’Irlanda stia facendo parlare di sé in tutto il mondo: da una parte il movimento pro-life, a favore dell’emendamento, poiché concorde con l’ideale cattolico; dall’altra il movimento per il si, momentaneamente in vantaggio secondo i sondaggi, favorevole alla rimozione della norma, si scontrano ormai da mesi, in attesa di una risposta definitiva, prevista per il 25 maggio, giorno del referendum.