Il 14 settembre 2018 è il ‘ground zero’ di genova. Il capoluogo ligure si è fermato a commemorare le sue vittime innocenti. Era il 14 agosto e quella che è destinata a divenire una delle notizie più spiacevoli dell’anno, faceva il giro del mondo in tempo record. È trascorso un mese, il primo di molti. Dolore, rabbia, sconforto, paura si sono avvicendati in un turbinio di emozioni non facili da deglutire. Esattamente un mese dopo il crollo del ponte Morandi, la città di Genova si ferma e omaggia la memoria di quarantaré persone morte nel disastro.
Quarantatré fratelli e sorelle che potevano essere ancora tra noi.
Genova si ferma alla 11:36
L’ora maledetta è indicata dalle lancette alle 11:36. Quella mattina, come di consueto, il cielo era squarciato dalle sirene delle navi in ingresso e in uscita dal porto, oltre che dai rintocchi delle campane. I cittadini di Genova sono scesi silenziosamente in strada. Tra loro c’è ancora sbigottimento. I negozi hanno elegantemente abbassato le saracinesche. Tutti cercavano di fare più delicatamente e silenziosamente possibile. Sono attimi di silenzio ovattato. Il dolore torna negli occhi di tutti. Quarantatré morti che potevano essere ancora quarantatré vivi. No, non te ne fai una ragione. Taxi e pullman si sono fermati e hanno spento i motori.
Chi prega e chi piange
Tutti fraternamente insieme. C’è chi tace. Chi fissa il cielo. Chi prega. Chi piange, anche se i morti non sono i suoi. È la risposta orgogliosa e solidale di una Genova ferita due volte: dal crollo e dalle tante, troppe parole fatte. Le lacrime tornano a riempire gli occhi di tutti. C’è un girotondo in mezzo a piazza De Ferrari.
Serve a ricordare questa folle tragedia, figlia dell’imperizia. Ad organizzarla sono stati i figli delle vittime insieme a decine di giovani sportivi della città del Grifone. Con loro c’erano anche gli allenatori e i dirigenti dei vari club che hanno aderito: praticamente tutti. ‘Il mondo dello sport genovese non poteva esimersi dal partecipare ad un momento così importante per noi: ricordare chi non c'è più a causa di una tragedia”.
Queste le parole di Rino Zappalà, che è il delegato del Comitato Olimpico di Genova.
Ad un mese dalla tragedia
‘Io non credo importi a qualcuno il nome del commissario - ha spiegato il governatore, anche commissario per l'emergenza, Giovanni Toti -. Noi abbiamo un problema ben più grande: qui bisogna ricostruire in tempi brevi e dando le dovute garanzie di sicurezza. Credo sia venuto il momento di dire basta alle parole. Di dire basta a chi con le parole tenta di rimescolare le carte. Noi amministratori della città abbiamo un dovere istituzionale, che è quello di risolvere il disagio delle famiglie rimaste senza casa. Il nostro compito è quello di sobbarcarci ad un lavoro straordinario. Proprio per questo motivo, chiedo al Governo di aiutarci e non di non complicarci le cose.
Dobbiamo riaprire il ponte. Punto e basta’.
‘Non può essere il crollo del Ponte Morandi a spazzare via la nostra storia - ha proseguito il primo cittadino Toti -. La nostra è una città che ha voglia di tornare presto alla normalità. In piazza De Ferrari, che poi è il luogo delle grandi adunate, il luogo simbolo in cui i genovesi, riuniti, scacciarono dalla città i terroristi, quando fu ucciso Guido Rossa, noi genovesi ribadiremo questa volontà. Però, vogliamo anche giustizia. Vogliamo sapere cos’è accaduto. Cosa ha causato il crollo’.