Il delitto del lago Omodeo, come è ormai noto alla stampa nazionale, si sta svelando in tutta la sua efferatezza come una delle pagine più cruente delle recenti cronache. Vittima Manuel Careddu, il 18enne di Macomer scomparso lo scorso 11 settembre dopo essere arrivato ad Abbasanta (Oristano). Presunti carnefici, spietati, senza scrupoli, cinque ragazzi finiti in manette un mese dopo, il 10 ottobre. Su tutti gravano le accuse di concorso in omicidio pluriaggravato e occultamento di cadavere.

Arrestati Christian Fodde, Riccardo Carta, Matteo Satta (di età compresa tra i 19 e i 20 anni) e due 17enni, C.N.

e G.C. (quest'ultima l'unica ragazza del gruppo e fidanzata del Fodde). Mentre si accendevano gradualmente i riflettori nazionali sul giallo di Manuel Careddu, con appelli sparsi sui social e sulla stampa, la vita parallela dei presunti assassini procedeva senza apparente turbamento.

L'ombra di un altro piano omicida?

Nelle ultime ore, mentre la lama delle indagini affonda sul piano omicida 'raccontato' dall'intercettazione ambientale che ha inchiodato il branco alle sue responsabilità, sarebbe spuntata l'ombra di un altro crimine. Secondo quanto riportato da alcuni media locali, ci sarebbe stato un sinistro scambio di battute tra Christian Fodde e la fidanzata 17enne. L'oggetto del discorso tra i due (dopo il massacro di Careddu) sarebbe stato il rischio dovuto alla presenza di un altro adolescente venuto a conoscenza dell'omicidio.

Questo ragazzo, fuori dalla cerchia di presunti killer, avrebbe forse potuto parlare e smascherare tutti. Un 'pericolo' da neutralizzare. Per questo, la 17enne avrebbe chiesto a Fodde: "Lo uccidiamo?". La centralità della ragazza emergerebbe con forza proprio dalle intercettazioni. Nodo che resta comunque ancora imbrigliato nella reticenza del gruppo davanti alle domande degli inquirenti.

Su Facebook e Instagram come se nulla fosse

Facebook e Instagram contenitori di un racconto di vita quotidiana che proseguiva come sempre, nonostante tutto quell'orrore e quel sangue alle spalle. I ragazzi arrestati per l'omicidio di Careddu, infatti, mantenevano un profilo 'normale' online, condividendo video, scatti, post in cui taggarsi a vicenda come se nulla fosse mai successo.

Questa una delle sfumature collaterali della vicenda che impressiona e fa riflettere.

Un teatrino andato avanti sino al 9 ottobre scorso, nemmeno 24 ore prima dell'arresto. Sono istantanee di esistenza sospese nella cornice di ragazzi apparentemente come tanti, ma che invece custodivano un atroce segreto.

Un delitto (quasi) perfetto

Sono stati traditi dalla microspia nell'auto del padre di Fodde (l'uomo è sotto inchiesta per un altro delitto, del 2017, per questo soggetto a intercettazione). Il branco era convinto di averla fatta franca. Un mese dopo la scomparsa di Manuel Careddu, nessuno aveva ancora acceso i riflettori sulla loro identità. Era il sintomo di un delitto perfetto. Ma qualcosa era fuori dal loro controllo, e quelle parole che erano convinti restassero custodite nell'anonimato di un abitacolo sono diventate il primo indizio a loro carico.

Il cerchio gli si è chiuso intorno inesorabilmente, davanti all'evidenza di schiaccianti prove.

Agghiaccianti le intercettazioni, che mostrano uno spaccato di gioventù capace di misurarsi con un efferato crimine come se non fosse nient'altro che un regolamento di conti necessario, legittimo. Tutti tranquilli nelle loro case, a dormire come sempre, a stare in famiglia come sempre.

Ma una madre chiede ancora verità, perché il corpo del suo ragazzo ancora non si trova. Sotto interrogatorio, i cinque hanno iniziato a intaccare la cortina di silenzi che avvolgeva il diabolico piano, fornendo agli inquirenti qualche spunto. Nulla di più. Così come il luogo indicato da uno di loro per trovare il cadavere si starebbe rivelando, ora dopo ora, l'ennesimo bluff.

Fabiola Balardi non si arrende e ripete insistentemente che il branco deve parlare per restituirle quel figlio condannato a morte e mai più tornato a casa.

'Manuel non è mai andato a casa della 17enne'

Secondo le ultime emergenze investigative, Manuel Careddu sarebbe stato 'fatto sparire' perché minava la serenità della 17enne poi arrestata. Una prima ricostruzione rimandava all'ipotesi che il giovane fosse andato a casa della ragazza, e davanti alla madre di lei avesse chiesto insistentemente di saldare un debito per stupefacenti. Circostanza, questa, smentita dal racconto della madre di Manuel ai microfoni de La Nuova Sardegna: "Sono sicurissima che non è stato a casa sua (di G.C., ndr) a chiedere i soldi".

Le armi del massacro

Lentamente riaffiorano anche i contorni dell'esecuzione di Manuel Careddu. Dalle intercettazioni è emerso che, all'arrivo del gruppo sulle rive dell'Omodeo insieme alla vittima, uno dei presunti assassini avrebbe aperto il cofano per tirare fuori le armi del massacro.

Una pala, un piccone e alcune funi. Nel bagagliaio anche una motosega (sul cui utilizzo interverranno precisi accertamenti). Non è chiaro se il 18enne sia stato legato ancora vivo, o se prima finito a colpi di pala e piccone. Sarebbe stato poi seppellito senza vestiti e a distanza di diverse ore dissotterrato e gettato nelle acque impietose del bacino artificiale.

Il procuratore di Oristano, Ezio Domenico Basso, non ha escluso la presenza di altre persone sulla scena del crimine durante l'omicidio, o nella seconda fase relativa all'occultamento del corpo.

Questo è uno dei quesiti ancora senza risposta, così come lo è quello inerente alle possibili sevizie subite dal 18enne. Si tratta di dati che potrebbero trovare una maggiore messa a fuoco con il ritrovamento del cadavere.