Gli investigatori dei Carabinieri lo avevano capito da tempo. E ieri mattina – dopo le numerose conferme – è spuntato il sesto uomo che sarebbe coinvolto nel brutale omicidio di Manuel Careddu. Ucciso dai suoi “amici” sulle rive del Lago Omodeo, lo scorso undici settembre. Si chiama Nicola Caboni, ha vent’anni, anche lui è di Ghilarza ed è finito nel carcere oristanese di Massama con la pesante accusa di soppressione del corpo senza vita di Manuel, si legge nelle carte. Secondo gli inquirenti infatti avrebbe aiutato il killer la mattina dopo a sbarazzarsi dei resti di Manuel.

Ed è stato tradito da un’intercettazione, registrata nell’auto del delitto, alle 11 e 30 del 12 settembre: il giorno dopo l’omicidio. Il giovane – secondo quanto accertato dagli abili investigatori dell’Arma – non solo avrebbe passato la notte del terribile delitto al bar, insieme al minorenne C.N. e a Matteo Satta. Ma la mattina dopo il delitto avrebbe anche aiutato Christian Fodde a nascondere il corpo senza vita del diciottenne di Macomer. Ieri mattina i Carabinieri sono andati a prenderlo nella sua casa di Ghilarza, dove vive con i suoi genitori, e l’hanno portato in caserma. Poi nel pomeriggio il giovane è stato trasferito nella sede del Comando Provinciale dei Carabinieri di Oristano, dove è stato raggiunto dal procuratore della Repubblica di Oristano, Ezio Domenico Basso.

Il nome di Nicola Caboni era emerso dalle intercettazioni effettuate dai Carabinieri, che poi erano finite nell’ordinanza che aveva portato al fermo di Matteo Satta, Riccardo Carta, Christan Fodde e i due minorenni, che era stata firmata dallo stesso procuratore e dal pubblico ministero Andrea Chelo che ha seguito le indagini.

Non ha risposto alle domande degli inquirenti

Intorno alle 16 e 30 di ieri Nicola Caboni viene raggiunto nella sede del Comando provinciale dei Carabinieri di Oristano dagli inquirenti. Insieme a lui, oltre che al colonnello dell’Arma, David Egidi, c’è anche Marcello Sequi, l’avvocato del giovanissimo di Ghilarza. La strategia scelta dalla difesa è palese.

Il giovane fa infatti scena muta e si sottrae alle numerose domande che gli inquirenti vorrebbero fargli. L’interrogatorio dura pochissimo ed il giovane – manette strette ai polsi – viene accompagnato da due carabinieri in borghese nel carcere oristanese di Massama. Le accuse mosse nei confronti di Caboni sono meno gravi rispetto a quelle messe nero su bianco dalla Procura e che riguardano Matteo Satta, Christian Fodde, Riccardo Carta e i due diciasettenni G.C., la ragazza del gruppo e C.N., il giovanissimo di origini rumene. Al giovane infatti viene contestato il reato di soppressione di cadavere, ben diverso dall’occultamento e soprattutto dall’omicidio pluriaggravato contestato ai killer.

Incastrato dalle intercettazioni

L’atroce delitto sul Lago Omodeo – secondo quanto accertato dagli inquirenti – viene messo in atto tra le 21 e 30 e le 23 e 45 dell’undici settembre scorso. Manuel Careddu è ormai già morto, ma c’è il problema di far sparire il corpo senza vita del giovane. Ed è a quel punto che entra in scena Caboni che viene raggiunto dopo il delitto da due dei suoi amici al bar, dove rimangono fino alle 4 del mattino e sicuramente parlano dell’omicidio. Dopo poche ore, Nicola Caboni viene intercettato sull’auto del delitto insieme a Christian Fodde. Ed è proprio in questa occasione che la microspia registra e rivela tutto quello che i due hanno fatto.