Alberto Mantovani, un eccellente medico italiano, in queste ore a New York ha ricevuto un importante riconoscimento per i suoi studi sul cancro: si tratta del premio AICF (The American-Italian Cancer Foundation). Premio nato nel 1984 e finora assegnato a scienziati che si sono distinti per aver raggiunto importanti traguardi negli studi della biologia, prevenzione, diagnosi e trattamento del cancro. In questo riconoscimento Mantovani ha avuto eccellenti predecessori, scienziati del calibro di Rita Levi Montalcini, Umberto Veronesi e Gianni Bonadonna.

Un riconoscimento grazie ad analisi bibliometriche

Alberto Mantovani è un immunologo e oncologo, Direttore Scientifico di Humanitas e docente di Humanitas University. Ha svolto ricerche nel settore immunologico contribuendo ad identificare nuove molecole e a formulare nuovi paradigmi. Può vantare una vasta letteratura scientifica che, valutata in base ad analisi bibliometriche, lo indicano come lo scienziato italiano più citato nella letteratura scientifica internazionale. L’ultimo suo lavoro è stato sul ruolo dei macrofagi e sui freni molecolari del sistema immunitario nel controllo del meccanismo che portano allo sviluppo di un cancro: “Macrophage Checkpoint Blockade in Cancer - Back to the Future”.

Lavoro appena pubblicato, insieme al collega Dan L. Longo, sulla prestigiosissima rivista The New England Journal of Medicine.

Quest’anno il premio AICF è stato assegnato al prof. Alberto Mantovani per la sua eccellenza scientifica e per l’importante contributo nella lotta al cancro. Il premio AICF fu istituito nel 1984 da una Fondazione onlus italo-americana fondata nel 1979 dal prof.

Umberto Veronesi, per sostenere la ricerca sul cancro.

Con le sue ricerche il Prof. Mantovani ha contribuito a definire meglio l’approccio immunologico applicato all’oncologia. Di particolare rilievo sono i suoi studi sull’immunità innata nel rapporto tra infiammazione e cancro. In particolare, Mantovani ha dimostrato che i macrofagi – cellule del sistema immunitario – in alcuni casi anziché difenderci, ad esempio dalle cellule cancerogene, si comportano come "agenti corrotti" che si schierano con il nemico, aiutando le cellule cattive a crescere e proliferare in modo indisturbato.

Premiato uno scienziato, nonostante il Paese

Verrebbe proprio da dire che Mantovani è stato premiato nonostante tutto. Il nostro Paese continua a destinare meno risorse alla ricerca di quanto facciano gli altri Paesi. Nel 2015 in R&S (ricerca e sviluppo) l’Italia ha destinato complessivamente l’1,33% del PIL (21,9 miliardi di euro), quota nettamente inferiore alla media europea (2,03%) e ancora più lontana dagli obiettivi EU che, per il 2020, prevedono una spesa media in R&S dell’area EU pari al 3% del PIL: 2% di investimenti privati e l’1% di investimenti pubblici.

Sono ormai decenni che in Italia si parla di ricerca mentre si riducono gli investimenti. I privati che investono in ricerca sono ridotti a poche aziende internazionali.

Il divario tecnologico tra Nord e Sud si è ulteriormente accentuato e quanto si parla di Made in Italy ormai si fa riferimento a prodotti dove non richiedono grossi investimenti, sia in termini finanziari che di tempo.

Nel nostro Paese la ricerca preferita è quella modello “fast food”: cercare soluzioni a basso rischio che si possono capitalizzare entro pochi anni. Tutto questo si riassume in una ridotta propensione ad investire in settori di ricerca ad elevato rischio dove il potenziale ritorno dell’investimento è lontano nel tempo, quindi meno personale impegnato in attività di R&S, sia nel pubblico che nel privato, e una bassa produzione brevettuale.

E' del tutto evidente che decidere di destinare poche risorse alla ricerca non è una politica lungimirante. Ma è altresì importante sottolineare che da noi le eccezioni non mancano e che scienziati del calibro di Mantovani ne sono la testimonianza.