Il dramma si è consumato in Brasile, dove una madre fa prima pestare a sangue e poi uccide in prima persona il figlio, appena diciassettenne, che da qualche tempo scelto di dichiarare la sua omosessualità.
I precedenti
Itaberli era un ragazzo di soli diciassettenne anni, di origini brasiliane, che aveva trovato il coraggio di seguire il suo cuore e di vivere apertamente la sua sessualità. Non sarebbe stata dello stesso avviso la madre del giovane, Tatiana Lozano Pereira, che riteneva assolutamente peccaminoso il fatto che suo figlio potesse essere gay.
Stando a quanto si apprende da alcune testimonianze, i due litigavano spesso ed ecco che Itaberli decide di andare a vivere dalla nonna paterna, dove si sarebbe trasferito qualche tempo fa.
Il piano diabolico
Tutto ha inizio con un finto tentativo di riappacificazione, con Tatiana che invita il figlio a casa per parlare insieme e provare a trovare una soluzione. La donna aveva però contattato preventivamente due "pestatori" (entrambi appena maggiorenni) affinché potessero dare una lezione al diciassettenne che, ignaro del suo destino e fiducioso sulla base di quanto detto dalla madre al telefono, aveva fatto ritorno a casa. A questo punto, i due balordi fanno la loro apparizione e cominciano a pestare a sangue il ragazzo, che mai avrebbe immaginato di esser finito in una trappola così squallida.
Ma non è tutto: Tatiana chiede ai "pestatori" di uccidere il figlio ma, avendo ricevuto un rifiuto da parte di questi ultimi, afferra un coltello e compie in prima persona il più crudele di tutti gli omicidi. In seguito, con l'aiuto del suo nuovo compagno, nasconde il corpo di Itaberli e gli dà fuoco.
La denuncia della nonna
A denunciare la scomparsa del ragazzino sarebbe stata la nonna paterna, preoccupatasi di non vederlo più da diversi giorni. Inutili i tentativi di depistaggio di Tatiana, che avrebbe addirittura sporto denuncia, fingendosi in apprensione per il mancato ritorno a casa di Itaberli: la donna è stata arrestata e condotta in carcere, al pari del suo compagno, che avrebbe dato man forte alla trentaduenne negli attimi immediatamente successivi l'omicidio.
Le indagini che hanno portato al fermo dei coniugi hanno inoltre dimostrato che il ragazzino era stato più volte vittima delle violenza della madre e del patrigno: ne sono una prova le foto di lividi e ferite postati su alcuni social network.