“Nessuno vuol parlare, eppure in quartiere lo sanno benissimo chi è stato ad ucciderlo”. Filomeno, l’anziano padre di Umberto Ranieri, chiede ai testimoni di farsi avanti. Era arrivato da Paglieta, il paese in provincia di Chieti dove il pittore 55enne era nato, per assistere il figlio che però, purtroppo, non ce l’ha fatta. L'artista è deceduto mercoledì mattina, dopo tre giorni di ricovero in coma irreversibile, nel reparto di terapia intensiva all’ospedale San Giovanni di Roma. Vi era stato trasportato nella serata di domenica, dopo essere stato aggredito a largo Preneste da cinque ragazzi che sono fuggiti, non appena hanno capito la gravità del loro gesto.

Secondo la testimonianza dei due sudamericani presenti al momento del massacro, non ci sarebbe stata una lite vera e propria, ma tutto sarebbe avvenuto nel giro di pochi attimi. Dopo un breve scambio di parole, uno dei giovani della comitiva – di cui avrebbero fatto parte anche due donne – avrebbe sferrato un pugno: un colpo davvero forte che ha spaccato il naso dell’artista 55enne, facendolo cadere a terra, dove ha sbattuto con violenza il capo sul pavimento di sampietrini, subendo danni irreversibili al cervello.

L’appello dei parenti di Umberto Ranieri

Adesso i carabinieri della compagnia Casilina dovranno indagare per omicidio e rintracciare i cinque ragazzi. Gli investigatori stanno ascoltando tutti i testimoni per cercare di chiarire meglio cosa sia accaduto: si vuol capire se dietro quel pugno ci siano stati motivi personali o si sia trattato di un raptus.

“Chi sa dovrebbe farsi avanti – aggiunge Paola, la cugina di Umberto – vogliamo fare un appello a chi si trovava in largo Preneste ed ha visto qualcosa, affinché si rivolga subito ai carabinieri”. La donna ha spiegato al Messaggero di aver sentito il parente la sera prima dell’aggressione e di averlo trovato tranquillo come al solito.

Del resto tutti gli artisti e gli amici, giunti al capezzale del pittore, ricordano il suo modo di fare educato e per bene e non si spiegano come sia potuta accadere una simile tragedia.

Si esclude la pista di un’aggressione omofoba

Umberto viveva in zona, a pochi passi da largo Preneste, nella casa in cui si era trasferito in questi giorni, per stargli più vicino, il padre Filomeno.

L’artista, che si faceva chiamare Nniet Brovdi, era abbastanza noto a Roma: fra un mese avrebbe dovuto partecipare ad una collettiva al Macro, mentre stava preparando anche una mostra personale per settembre. Dopo essersi diplomato all'Accademia delle Belle Arti di via di Ripetta, aveva iniziato a realizzare opere – spesso multimediali – esposte in diverse occasioni nella Capitale. Era conosciuto anche negli ambienti omosessuali della città, ma per adesso gli inquirenti escludono l’ipotesi di un delitto di matrice omofoba. Nelle prossime ore potrebbero arrivare importanti novità sulle indagini: si spera che, grazie alla visione dei filmati delle telecamere di sicurezza, siano finalmente individuati i cinque ragazzi, che nessuno sembra aver riconosciuto.