Una rovente polemica agostana: l'hanno scatenata le parole pronunciate dal carcere romano di Regina Coeli, dove è detenuto, da Christian Gabriel Natale Hjort, il 18enne accusato con l'amico 19enne Finnegan Lee Elder di concorso in omicidio per la morte del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega, assassinato nella notte tra il 25 e il 26 luglio scorsi.

L'italoamericano ha detto che, se fosse stato negli Usa in attesa del processo, a quest'ora sarebbe già fuori grazie al pagamento di una cauzione. Nel frattempo, i difensori di Finnegan Lee Elder, tra i due accusato di aver materialmente e volontariamente ucciso il carabiniere con 11 fendenti, preparano precise contromosse: la prima, una perizia sulla salute mentale del ragazzo.

La frase dal carcere diventa un caso

"In America c'è un sistema diverso e probabilmente non sarei stato in cella, sarei uscito su cauzione": la frase di Christian Gabriel Natale Hjort, da quasi un mese detenuto in attesa di giudizio nel carcere romano di Regina Coeli, ha creato più di qualche malumore ed è diventata un caso. Il ragazzo ha pronunciato queste parole in occasione della visita nella struttura carceraria di una delegazione del Partito Radicale, composta dalla tesoriera Irene Testa, dal segretario del partito Maurizio Turco, dalla presidente dell'Istituto "Luca Coscioni" Maria Antonietta Farina Coscioni, nell'ambito del Ferragosto in Carcere, un'iniziativa che evidenzia il sovraffollamento, non diversamente da altre carceri italiane, del penitenziario con oltre 1000 detenuti a fronte di 616 posti letto.

Come sottolineato da Irene Testa, quello romano è un carcere vecchio, con reparti fatiscenti, celle molto piccole, alcune con muri davanti alla finestra, con troppi detenuti e pochi agenti penitenziari. Le temperature estive raggiungono i 40 gradi senza possibilità di ventilatori sia per chi è detenuto che per chi ci lavora.

Fermo restando l'urgenza di una riforma della Giustizia, Calogero Roberto Piscitello, direttore del personale dell’amministrazione penitenziaria, ha risposto direttamente alla frase di Natale per evidenziare che negli Usa vige una discriminazione "poco condivisibile" tra chi ha soldi e chi no, mentre in Italia la procedura per essere liberati su cauzione non esiste.

Piscitello ha sottolineato che i due americani sarebbero potuti capitare in un Paese non così garantista come il nostro. Francesco Paolo Russo, il segretario regionale del Sap, il sindacato di polizia penitenziaria, ha invitato i due americani a prendere atto dell’ordinamento italiano.

Sull'accaduto non si è invece espressa la difesa dell'italoamericano, che attende sia fissata una data di udienza al tribunale del Riesame per valutare la richiesta di scarcerazione. Ma la tesoriera del Partito Radicale, Irene Testa, ritiene che il ragazzo, sottoposto come l'amico a carcerazione preventiva in attesa di processo, non avrebbe fatto particolare riferimento al proprio caso, non si sarebbe lamentato e si sentirebbe vittima di fronte a una cosa molto più grande di lui.

Natale è il ragazzo che, bendato e ammanettato, è stato fotografato seduto nella caserma del Comando provinciale di Roma. Sarebbe stato vittima di un abuso di potere: argomento che la difesa userà a suo favore.

Perizia psichiatrica sull'esecutore materiale dell'omicidio

I difensori del principale accusato dell'omicidio, maturato in un contesto oscuro di droga e in una vicenda estorsiva ancora da chiarire, giocano altre carte. Pensano a una perizia psichiatrica a supporto della tesi difensiva: paura, vulnerabilità, stato confusionale, avrebbero determinato la reazione di violenza estrema di Finnegan, reo confesso per poi ritrattare.

Il 19 enne soffre di attacchi di panico che cura con psicofarmaci, che anche la notte del delitto li aveva con sé.

Martedì scorso gli avvocati Roberto Capra e Renato Borzone hanno incontrato, come avviene ogni settimana, il loro assistito in carcere e, nel colloquio durato un paio d'ore, probabilmente hanno circoscritto la linea difensiva in vista dell'udienza a settembre al tribunale del Riesame, in attesa che si abbiano i risultati completi dell'autopsia sul corpo del carabiniere e siano visionate le immagini disponibili per una completa ricostruzione dei fatti in quella notte di follia. Finnigan, che aveva un pugnale militare con lama di 18 centimetri, portato dagli Usa per difesa personale, ha sostenuto di aver aggredito mortalmente Cerciello non credendo che lui e Varriale fossero carabinieri. Pensava di avere di fronte complici del pusher a cui, per ritorsione, lui e Natale avevano rubato il borsello dopo essere stati truffati: anziché cocaina gli era stata venduta aspirina tritata.

Argomenti insieme ad incongruenze quali il fatto che Rega non avesse la pistola d'ordinanza al momento del blitz e che non sono ancora chiare le modalità dell'incontro tra militari e ragazzi, su cui fa leva la difesa.