L'accordo che venne raggiunto tra gli Stati membri dell'Unione Europea e la Turchia nel 2016 interruppe di fatto i flussi migratori sul versante orientale del continente, caratterizzati tanto quanto la rotta africana da agghiaccianti tragedie a largo della Grecia. Recep Erdogan adesso minaccia di trasformare in carta straccia quell'intesa, nel caso in cui Bruxelles interferisca in qualche modo nella sua azione militare avviata contro le milizie curde nel nord della Siria.
Circa 60 mila sfollati nelle zone colpite dai raid secondo dati Ong
I raid nel nord della Siria sono iniziati da circa 36 ore e, secondo i dati dell'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, gli sfollati sarebbero almeno 60 mila.
I civili starebbero lasciando in massa le zone di Darbasiye e Ras Al Ayn e si dirigono principalmente verso sud e sud-est, verso la città di Hasake. In proposito l'Agenzia Onu per i rifugiati ha già lanciato l'allarme umanitario a causa di un esodo sempre maggiore dalle zone colpite. La protesta in Europa contro quello che viene considerato un 'sopruso' da parte di Ankara è unanime, ma lo stesso Erdogan ha già lanciato una chiara minaccia nei confronti di Bruxelles. "Se l'Unione Europea decide di ostacolarci in qualche modo in Siria, apriremo le frontiere mandando in occidente oltre 3 milioni e 600 mila profughi". Per quanto riguarda il governo italiano, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha chiesto la convocazione dell'ambasciatore turco a Roma alla Farnesina.
"C'è una sola strada percorribile per uscire dalla crisi - ha sottolineato Di Maio - ed è il processo politico in corso sotto la guida Onu".
La Russia cerca di fare da tramite tra Ankara e Damasco ed intanto accusa ancora gli USA
La Russia è ovviamente parte in causa in questa crisi, in virtù del ruolo di primo piano che Mosca ha interpretato in tutta la questione siriana, risultando decisiva per risollevare le sorti del governo presieduto da Bashar al-Assad.
Il ministro degli Esteri, Sergey Lavrov, intende promuovere il dialogo tra Ankara e Damasco, alla luce di quella che è una vera e propria violazione della sovranità siriana: "Il dialogo che abbiamo intenzione di promuovere soddisferà gli interessi di entrambe le parti e, inoltre, ci facciamo promotori dei contatti tra il governo siriano ed i gruppi curdi che rinunceranno alle tattiche terroristiche ed all'estremismo".
L'impressione è che tanto Vladimir Putin quando Bashar al-Assad vogliano affrontare la questione da un punto di vista esclusivamente politico e che, alla fine, l'azione di Erdogan contro i curdi del Rojava sostenuti (e sfruttati) dagli americani negli anni più cruenti della guerra contro lo Stato Islamico e da sempre avversi al potere di Damasco, non dispiaccia a nessuno dei due. Russia che dal canto suo continua ad accusare Washington dell'attuale situazione. "Questo è il risultato delle azioni e della politica statunitense in quell'area", ha detto Sergey Lavrov raggiunto dall'agenzia Interfax.