Lo scorso 11 dicembre in India è stata approvata la legge sulla cittadinanza, proposta dal partito nazionalista hindu Bharatiya Janata Party. La legge in questione garantisce ai migranti irregolari arrivati dal Bangladesh, Afganistan e Pakistan prima del 2015 di avere la cittadinanza, ma i musulmani sono rimasti esclusi. L'introduzione della discriminante religiosa ha scatenato le proteste di migliaia di cittadini contro il partito nazionalista e il premier indiano. Il bilancio delle proteste fino ad ora è sei morti e circa 200 feriti.

Anche Amnesty International India è intervenuta dichiarando incostituzionali gli emendamenti della legge sulla cittadinanza perchè legittimano la discriminazione su base religiosa ed ha chiesto al governo l'annullamento.

Il controverso emendamento sulla legge sulla cittadinanza

L'emendamento approvato dal Parlamento la scorsa settimana, vuole regolarizzare tutti gli immigrati entrati nel Paese prima del 31 dicembre 2014 e che appartengono alle religioni: indù, cristiana, buddista, sikh, Jain, parsi, mentre la religione musulmana è esclusa.

Naturalmente, non sono mancate le critiche, ma il governo indiano ha giustificato la legge come necessità di regolarizzare quelle minoranze perseguitate nei loro paesi d'origine.

Il Premier Naredra Modi, ha respinto le accuse di voler emarginare la minoranza musulmana, in quanto la legge è stata approvata dai due rami del Parlamento e con un importante sostegno da parte dei partiti politici.

Inoltre, ha affermato che questa legge illustra la cultura secolare indiana propensa all'accettazione, armonia, compassione e fratellanza.

Le proteste degli studenti universitari

Migliaia di studenti universitari in queste ore stanno manifestando contro la legge sulla cittadinanza e la violenza delle forze dell'ordine.

Inizialmente le proteste erano concentrate prevalentemente nel Nord Est del Paese dove il governo aveva schierato l'esercito, bloccato internet e proclamato il coprifuoco non rispettato dai manifestanti. In questi disordini, da quanto si apprende da fonti mediche, hanno perso la vita due persone. Successivamente, le proteste si sono estese in diversi campus del Paese.

Domenica scorsa la polizia è entrata in uno dei campus più prestigiosi dell'India, Jamia Millia Islamia, ed ha arrestato 100 studenti, sparando lacrimogeni e picchiando gli attivisti a bastonate.

La polizia da parte sua si è giustificata affermando che le azioni erano una risposta alla violenza dei manifestanti colpevoli di aver bruciato gli autobus e fatti ulteriori danni durante le proteste.

I manifestanti in queste ore stanno utilizzando i social, in particolare Twitter, per mostrare e denunciare gli attacchi violenti della polizia.