Anche le viti della Sicilia sono state sequestrate: questa volta ad essere stata indagata è la casa vinicola trentina Mezzacorona, che è stata ritenuta responsabile, a detta della magistratura, di un investimento giudicato dagli inquirenti spregiudicato, o almeno presunto. L'industria di vini trentina ha acquistato, tra il 2001 e il 2003, dei vigneti siti in Sicilia, che un tempo sono appartenuti ai cugini Nino e Ignazio Salvo, considerati a suo tempo dai magistrati palermitani, vicini a Cosa Nostra.

Questi sono stati i potenti esattori siciliani che Tommaso Buscetta, il boss mafioso pentito di Palermo, ha accusato, testimoniando all'epoca del maxi processo la loro appartenenza al clan mafioso dei corleonesi di Riina e Provenzano.

Tutto grazie al lavoro fatto dal pool antimafia di Palermo dove è stato presente anche Giovanni Falcone, che all'epoca si è occupato in prima persona delle indagini, li hanno alla fine arrestati. Ma Nino Salvo è morto prima di essere rinviato a giudizio, mentre Ignazio Salvo è stato condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso. Lo stesso poi è stato ucciso dagli stesso clan in un agguato.

Il sequestro dei vigneti effettuato dalla magistratura siciliana

I due cugini palermitani, nel corso degli anni, con il loro patrimonio derivante dalla gestione delle riscossioni delle tasse in tutta la regione, hanno acquistato diversi immobili e terreni. Dopo la loro condanna, questi beni sono stati tutti sequestrati.

Tra questi sono stati censiti dei vigneti che hanno una estensione di 900 ettari localizzati in due province. E negli anni prima indicati, furono messi all'asta e acquistati dai vertici aziendali della casa di vini del nord Italia.

Ma la magistratura siciliana, che sta ancora indagando sulla questione, ha sospettato un presunto riciclaggio di denaro per l'acquisizione di questi preziosi vigneti, che danno la produzione di un vino imbottigliato proprio in Sicilia, chiamato Feudo Arancio.

Le persone risultate indagate sono quattro: Fabio Rizzoli, ex amministratore delegato della Mezzocorona, l'attuale presidente del consiglio di amministrazione Luca Rigotti, Gian Luigi Caradonna e Giuseppe Maragioglio, che hanno gestito le società che i giudici hanno rilevato come facenti capo agli ex esattori siciliani.

Il lavoro della Guardia di Finanza di Trento

La sezione del Gico del nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Trento ha fatto, su segnalazione del sostituto procurato incaricato delle indagini, un lavoro capillare per risalire all'acquisizione su questi appezzamenti di terreno che sono situati nei comuni di Acate (Ragusa) e Sambuca (Agrigento). Sembra che gli indagati abbiano acquisito con denaro contante, e non con titoli appropriati, dei beni immobili siti nella regione, comprandoli da venditori che sono stati condannati per il reato di associazione a delinquere di tipo mafioso. Questo è quanto ha scritto nella relazione, che ha poi portato al provvedimento giudiziario per l'apposizione dei sigilli, del gip Marco La Ganga, il titolare dell'indagine.

Ma già a suo tempo le Fiamme Gialle del comando provinciale di Ragusa hanno cominciato ad indagare; un lavoro che poi è stato ultimato dai loro colleghi trentini, per comprendere nel frattempo chi ha gestito questi vigneti. Si è scoperto che chi gestiva questi beni è stato il genero di Nino Salvo, Gaetano Sangiorgi, condannato in quanto sospettato di avere dei contatti con i mafiosi, e anche per essere stato la "talpa" che ha permesso poi ai sicari delle cosche di poter assassinare il fratello di suo genero. Intanto i titolari della casa vinicola hanno dato mandato ai loro legali di procedere a tutti gli atti giudiziari necessari per dimostrare la loro completa estraneità ai fatti a loro ascritti. Tramite una nota, hanno dichiaro di non aver avuto nessun tipo di collegamento, reale o presunto, con Cosa Nostra, agendo sempre in modo corretto e trasparente.