L’ennesimo pacco esplosivo è stato recapitato al suo destinatario, per la prima volta al di fuori del Lazio. Infatti ancora una volta sembrerebbe esserci la stessa mano che, a partire dai primi di marzo, ha preparato ben undici buste incendiarie inviate ad altre persone che risiedono a Roma e nelle aree limitrofe, ferendone quattro. La novità è che per la prima volta il plico era indirizzato ad un 59enne che abita in un’altra regione, a Cologno Monzese, nell’hinterland di Milano. A quanto pare l’involucro sembra essere identico a quelli spediti nei giorni scorsi: una busta commerciale gialla, contenente una scatolina in legno che nasconde un piccolo congegno, capace di sprigionare una fiammata.

Un meccanismo rudimentale realizzato non per ammazzare chi lo maneggia, ma per procurargli delle lievi ferite.

Il 59enne di Cologno Monzese non ha aperto il pacco

Il nuovo pacco esplosivo è giunto nell’abitazione del destinatario nel pomeriggio di martedì: fortunatamente il 59enne si è subito insospettito diverse ragioni. Infatti l’uomo non aveva ordinato nulla; inoltre lo strano plico sembrava diverso da quelli abitualmente utilizzati dai corrieri, infine, a differenza di quanto accaduto nei casi precedenti, il mittente era anonimo. Quindi ha preferito chiamare i carabinieri di Milano, che hanno preso in consegna la busta, senza innescare il congegno, permettendo così di farlo esaminare dagli esperti, alla ricerca di eventuali tracce per riuscire a scoprirne la provenienza.

Viste le similitudini, i militari dell’Arma lavorano in stretto contatto con gli investigatori della Capitale e gli uomini dell’antiterrorismo che si sono occupati degli episodi precedenti: si vuole avere la certezza che la mano dietro ai pacchi incendiari sia sempre la stessa.

Le diverse ipotesi sull’autore del pacco

Sembra incredibile che, mentre tutta Italia è impegnata nell’affrontare l’emergenza del coronavirus, qualcuno abbia trovato il tempo di confezionare e spedire le buste incendiarie, arrivando a scegliere un mittente in Lombardia, la regione più colpita dal dramma di questi giorni.

Gli investigatori continuano a seguire tutte le ipotesi: inizialmente sembrava essere preferita la classica “pista anarchica”. Infatti si pensava che tutte le buste fossero state confezionate da una mano esperta all’interno di un gruppo antimilitarista: ma col passare dei giorni questa possibilità ha iniziato a convincere sempre meno gli inquirenti, dato che i destinatari sembrano essere troppo diversi tra loro, senza alcun legame apparente.

Così si è fatta pian piano strada l’idea di trovarsi di fronte a un solitario, emulo di Unabomber, che sta seguendo una sua strategia, ancora tutta da decifrare.

I diversi destinatari del pacco incendiario

L’elenco delle persone a cui sono arrivate le buste incendiarie è davvero variegato: se i plichi inviati all’ex avvocato di Erich Priebke e a un fuoriuscito di Casa Pound sembrano dare adito alla matrice anarchica, risulta difficile trovare un movente per il pacco giunto a una dipendente dell’Inail. Più facile individuare un legame antimilitarista tra le missive spedite a un’ex impiegata dell’università di Tor Vergata, che aveva lavorato ad un accordo con l’Aeronautica Militare, e a un’ex docente di biochimica dell’Università del Sacro Cuore, istituzione che collabora con il Corpo d’armata di reazione rapida in Italia della Nato.

Inoltre tra i destinatari c’è stato anche un pasticciere con due fratelli militari. Infine, l’ultima donna ferita in Lazio abita a Fabrica di Roma, in provincia di Viterbo, ed è sposata con un agente della polizia penitenziaria in pensione.