Il Coronavirus potrebbe trasmettersi anche semplicemente respirando l'aria di una stanza in cui ha soggiornato una persona infetta, oppure all'aria aperta. È questa la conclusione a cui è giunto un gruppo di 239 scienziati provenienti da 32 paesi del mondo. Lo studio in questione sta per essere pubblicato sulla rivista specializzata "Clinical Infectious Diseases", ma intanto gli esperti hanno deciso di scrivere una lettera aperta all'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per avvertire del pericolo.
'Coronavirus viaggia per aria più di quanto si pensasse'
Il coronavirus "viaggia nell’aria più di quanto si pensasse". È questo il titolo scelto dal quotidiano torinese La Stampa per aprire il pezzo che riguarda il nuovo studio condotto sul coronavirus. Come appena accennato, infatti, un folto gruppo di oltre 200 scienziati sparsi in tutto il mondo sostiene che il virus non si trasmetta soltanto tramite starnuti, tosse e contatti troppo ravvicinati, ma anche inalando semplicemente le goccioline contenute nell'aria di una stanza dove ha soggiornato una persona affetta da Covid-19.
'È ora di occuparsi della trasmissione aerea della Covid-19'
I firmatari della lettera inviata all'Oms invitano il massimo organo mondiale in materia di sanità ad attivarsi immediatamente per prendere le contromisure adatte se il risultato dello studio dovesse rivelarsi veritiero.
Insomma, non sarebbero soltanto gli ormai famosi "droplet", le goccioline di dimensioni più grandi, a trasmettere il coronavirus. Il pericolo arriverebbe anche dall'aria che si respira perché, scrivono gli esperti, "esiste un potenziale ma significativo rischio di inalare il virus contenuto nelle microscopiche goccioline respiratorie", che potrebbero facilmente propagarsi anche a diversi metri di distanza.
Coronavirus potrebbe trasmettersi in ambienti chiusi
Il rischio, secondo gli scienziati, è quello che il coronavirus possa trasmettersi facilmente in ambienti chiusi come scuole, ospedali, uffici e locali pubblici. Necessario, dunque, installare ovunque filtri dell'aria di alta qualità e strumenti che utilizzano raggi ultravioletti per uccidere i microbi.
Operazione non certo semplice da effettuare in tutti i luoghi potenzialmente a rischio. Contro questa tesi delle micro goccioline che potrebbero infettare persino all'aria aperta si esprimono però alcuni tra i maggiori esperti italiani di malattie infettive. Tra i più scettici rispetto alle conclusioni dello studio si dimostrano il virologo dell'Università di Milano, Fabrizio Pregliasco, il membro del comitato tecnico-scientifico che coadiuva il governo, Walter Ricciardi, e il direttore sanitario dell'ospedale Spallanzani di Roma, Francesco Vaia.