La I Corte d'appello di Milano ha ridotto a quattro anni e quattro mesi la pena per un uomo 63enne di nazionalità rumena, accusato di aver picchiato la propria convivente e di aver abusato di lei per una notte intera.

Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, il tribunale di Monza gli aveva impartito in rito abbreviato una condanna a cinque anni, poi i giudici milanesi di secondo grado l'hanno rimodulata basandosi sul "contesto familiare degradato" in cui versava la coppia. Inoltre, l'imputato dal carattere "mite", sarebbe stato "esasperato dalla condotta troppo disinvolta della donna" che "aveva passivamente subito fino a quel momento".

La ricostruzione dell'accaduto

Sulla base di quanto riportato dagli inquirenti, nella notte tra l'8 e il 9 giugno dello scorso anno, a Vimercate, in provincia di Monza, un uomo di 63 anni avrebbe inizialmente insultato la propria compagna 43enne, con l'accusa di averlo tradito con degli "uomini conosciuti su Facebook".

Successivamente, avrebbe minacciato di ucciderla, puntandole un coltello al volto e prendendola a pugni. Dopo aver fatto cadere sul pavimento il suo cellulare, avrebbe continuato a inveire contro di lei con un tavolino in legno, nonostante le sue urla. Le percosse al volto e sulla schiena sarebbero state così forti da toglierle il fiato. "Di qua non esci viva", le avrebbe detto lui.

La donna l'avrebbe implorato di lasciarla in pace, ma lui l'avrebbe buttata sul letto, abusando di lei.

Sequestrata nella roulotte in cui vivevano, sarebbe stata vittima del suo aggressore fino alle sette del mattino successivo, quando la figlia dei due ha allarmato le forze dell'ordine, che hanno poi arrestato l'uomo.

I presunti tradimenti della donna

La I Corte d'appello di Milano ha condiviso con i giudici di Monza l'esistenza di una "prova davvero consolidata" e si è rivelata d'accordo con l'accusa di sequestro. I giudici avrebbero però accolto la tesi dell'avvocato difensore Monica Sala, secondo la quale occorrerebbe prendere in considerazione il fatto che il contesto famigliare fosse caratterizzato da "anomalie quali le relazioni della donna con gli altri uomini", che l'imputato avrebbe accettato fino al momento in cui lei non sarebbe rimasta incinta di un altro.

Tale decisione giudiziaria ha innescato la reazione di alcuni esponenti della politica, come la presidente della Commissione di Inchiesta parlamentare sul Femminicidio Valeria Valente che ha dichiarato: "Ancora una volta la donna vittima, si trasforma in soggetto imputato". La senatrice ritiene che questo sconto di pena sia "inaccettabile" e che ancora non si riesca ad applicare a pieno la Convenzione di Istanbul. Valeria Valente ha espresso l'intenzione di voler approfondire la questione, in quanto non sarebbe corretto "giustificare una violenza" con i presunti tradimenti della vittima o con il contesto di degrado in cui viveva la coppia.