La Procura di Nuoro vuole vederci chiaro. E per questo motivo ha disposto nuove ricerche del corpo di Stefano Masala, il 30enne originario di Nule, paesino in provincia di Nuoro, sparito nel nulla il 7 maggio del 2015 e per gli inquirenti anche lui ucciso brutalmente. Il ragazzo era scomparso qualche ora prima dell’omicidio di Gianluca Monni, il giovane di Orune ucciso mentre aspettava il pullman per andare a scuola. Per i due delitti, avvenuti il 7 e l’8 maggio del 2015, sono stati condannati due cugini, Paolo Enrico Pinna e Alberto Cubeddu. Il primo ha ricevuto dal Tribunale dei minori, ai tempi del delitto era ancora minorenne, una condanna definitiva a 20 anni di reclusione.

Mentre per il cugino, poco tempo fa, è stata confermata dalla corte d’assise d’appello di Sassari la pena dell’ergastolo. All’appello però manca ancora il corpo di Stefano Masala che, secondo gli inquirenti, sapeva qualcosa del delitto e per questo è stato ucciso e fatto sparire nel nulla. Ed è proprio questo il motivo per cui la Procura della Repubblica di Nuoro ha inviato nel terreno di proprietà della famiglia Pinna, che si trova a Ortisca, una località nelle campagne di Nule, i carabinieri del Ros di Roma. Insieme ai colleghi della compagnia di Bono, del reparto operativo di Nuoro e anche i Cacciatori di Sardegna che, al tempo del duplice omicidio, si erano occupati in sinergia del caso.

L’obiettivo della Procura di Nuoro è quello di mettere sotto la lente di ingrandimento il terreno in campagna di proprietà della famiglia Pinna: 37 ettari di terra da setacciare palmo a palmo, un’operazione difficile ma indispensabile per gli investigatori.

Terreno sotto setaccio

Secondo gli inquirenti Stefano Masala sapeva qualcosa.

Anche perché l’8 maggio del 2015, il giorno dopo la sua scomparsa, i due condannati avevano utilizzato la sua auto, che poi era stata data alla fiamme, probabilmente per nascondere ogni traccia del delitto. Le ricerche del corpo di Stefano sono andate avanti per lungo tempo. Tutta la comunità, i familiari, i fratelli e il padre hanno sempre sperato nel ritrovamento del suo corpo, per dare al giovane una degna sepoltura.

Ed è proprio questo uno dei motivi per cui il legale della famiglia Masala, l’avvocatessa Caterina Zoroddu, proprio in tempi recenti ha presentato un’istanza con la quale chiedeva che le ricerche del corpo di Stefano non venissero interrotte. Dalla lettura degli atti processuali infatti sarebbe emersa la possibilità che il corpo del giovane si possa trovare proprio in quel terreno, di proprietà della famiglia Pinna. Terreno che già al tempo del duplice omicidio era stato setacciato palmo a palmo dagli inquirenti anche con l’aiuto dei cani molecolari. Per ora, l’unica novità nel caso, è che i legali della famiglia Masala hanno fatto isolare il Dna del giovane scomparso da ben cinque anni. In questa maniera qualsiasi traccia possa essere trovata, potrà essere ricondotta a Stefano. Le ricerche all’interno del terreno della famiglia Pinna, secondo alcune indiscrezioni, andranno avanti per diversi giorni. In attesa di trovare almeno qualche nuovo indizio.