Ensi si è raccontato in un'intervista concessa al format "Beccati", ideato dall'associazione 232APS all'interno del carcere minorile Beccaria di Milano.
A curare le interviste del format sono proprio i ragazzi attualmente ospiti della struttura, ovviamente supervisionati dagli educatori dell'associazione 232APS.
Ensi, la telefonata del padre: 'Mi stanno portando in galera'
Nel corso della chiacchierata, durata circa 20 minuti, Ensi ha raccontato la sua personale esperienza, seppur indiretta, con il carcere. Il rapper e freestyler torinese non è infatti mai stato detenuto, ma ha dovuto affrontare l'arresto del padre, concretizzatosi nel 2005.
"Mio padre nel 2005 ha avuto un grosso problema con la legge – ha spiegato Ensi – legato alle droghe. La cosa è finita sui giornali, ha rappresentato un fatto di cronaca importante in quell'anno a Torino. È stato un momento molto difficile per la mia famiglia.
Ho vissuto il carcere da figlio, ricevi la chiamata di tuo padre che ti dice: "Mi stanno portando in galera". Noi non avevamo capito prima cosa fosse successo. Era un mondo che non conoscevamo, non eravamo pronti. Nella nostra famiglia c'erano già state situazioni simili, come in molte altre, ci arrivi in fretta ad avere qualcuno vicino a te che ha avuto esperienze in carcere, magari non dirette. Ma per noi quella era la prima cosa seria".
Ensi: 'Ho cercato di affrontare la cosa in maniera matura, anche se non ero maturo, questa cosa ci ha fatto crescere in fretta'
Ensi ha poi proseguito il racconto spostando il focus del discorso sulla sua reazione ad una situazione così complicata. L'autore di "V" ha spiegato come l'arresto del padre abbia sostanzialmente fatto maturare lui ed i suoi fratelli prima del tempo.
Ensi ha sottolineato inoltre di non aver voluto giudicare il padre, spiegando allo stesso tempo di non aver cercato in alcun modo di distaccarsi dalla vicenda – tantomeno dalla sofferenza causata da questa – nella speranza di una maggiore serenità. Al contrario, il rapper torinese ha rivendicato l'importanza di affrontare ed immagazzinare il dolore, in modo tale da "non sprecarlo", riuscendo a trarne dei preziosi insegnamenti di vita.
"Il processo è stato molto difficile e molto sofferto – ha spiegato Ensi – mio padre prese l'articolo 80,quindi anche se nel 2006 ci fu l'indulto non ebbe alcun beneficio di legge, fu anche trasferito dal carcere di Torino a quello di Secondigliano. Per mesi con mia madre abbiamo fatto la spola per andarlo a trovare, è stato un momento di formazione per tutti. Io avevo 19 anni quando è successo, anzi 18, ho dovuto trovare un giusto modo per affrontare questa situazione. Mi sono detto, ok, non sempre nella vita le cose vanno nel modo giusto. Però io conoscevo mio padre, al di là di quello che era successo, io sapevo chi era. Ho quindi cercato di non giudicare, di farmi un'idea della bruttura del mondo, più che di quello che era successo in quel momento.
Anche perché poi ho visto tutto quello che è venuto fuori da un atto del genere: la mia famiglia che si distrugge, problemi economici e tutto il resto. Ovviamente sono cose che hanno influito nella vita di noi figli. Però non ho cercato di distaccarmi da questa cosa, anzi, ho cercato di immagazzinare bene tutta quella sofferenza, per fare in modo che non fosse sprecata, perché ogni cosa che può succederti nella vita, anche la peggiore, devi capirla ed interpretarla bene, altrimenti poi ci andrai sicuramente a sbattere di nuovo la testa. Una persona in carcere determina tanti problemi per chi lo aspetta fuori, io però immaginavo mio padre che vedeva suo figlio andarlo a trovare in carcere, anche quella non deve essere una bella situazione. Ho cercato di affrontare la cosa in maniera matura, anche se non ero maturo. Questa cosa ci ha fatto crescere in fretta."