A chi somministrare prima il vaccino contro il Covid? Un interrogativo che potrebbe diventare anacronistico se si considera che la campagna vaccinale è ormai partita seguendo precise linee guida. Arriva, però, da un sanitario impegnato in prima linea una riflessione che potrebbe aprire un dibattito. A parlare è il professor Nicola Mumoli, Direttore di Struttura Complessa del reparto di Medicina Interna dell'Ospedale di Magenta e Abbiategrasso.

Vaccino Covid ai giovani che fanno assembramenti

Ai microfoni di Tagadà, trasmissione di La 7, Mumoli ha fatto prima il punto della situazione.

"Siamo attrezzati - ha detto - siamo preparati a ricevere la terza o il prolungamento della seconda ondata. Siamo un po' scoraggiati, perché si vede in televisione il continuo assembramento della popolazione".

Fino a quando non ci sarà una quota considerevole di popolazione vaccinata, non arriveranno benefici epidemiologici tangibili. Oggi, inoltre, non si registrano comportamenti irreprensibili da parte della popolazione. Istantanee a cui si aggiungono quelle viste, ad esempio, al di fuori di alcuni stadi.

Le scene provenienti da alcune città spaventano, tenuto conto che diventano l'humus in cui il virus viene molto spesso trasferito da persone giovani ed asintomatiche.

"Vorrei - ha detto il professor Mumoli - dire una cosa molto forte: bisogna vaccinare l'Italia che infetta.

Siccome ci sono tanti giovani che sono irresponsabili e non hanno più la consapevolezza della gravità della situazione, avrei tenuto gli anziani a casa e avrei vaccinato chi è il vettore della malattia, cioè i i giovani che fanno assembramento e che poi vanno a casa e infettano i nonni o i genitori o si infettano anche loro.

Perché questa ondata sta dimostrando che ci sono tanti pazienti anche giovani e gravi".

Vaccino Covid, bloccherebbe la trasmissibilità

Sempre nel corso della trasmissione Tagadà è stato ospite il professor Fabrizio Pregliasco. Il virologo ha spiegato come, a livello burocratico, i vaccini siano stati validati soltanto come strumento per proteggere dalla malattia.

"Le aziende - ha precisato - per arrivare a una registrazione rapida hanno voluto gestire, in accordo con gli enti regolatori, un obiettivo più facilmente raggiungibile". Tuttavia, ad oggi diversi studi paiono fornire dati positivi rispetto alla loro capacità di bloccare la trasmissione del virus. "Quello che sembra ad oggi è che effettivamente la vaccinazione renda 'sterili' o meglio non contagiosi", ma aggiunge: "Questo è un elemento che dovrà essere confermato in modo oggettivo".

Variante inglese, in Lombardia al 64%

Il tutto mentre la situazione viene resa più preoccupante dalla proliferazione della variante inglese. I sequenziamenti operati proprio in Lombardia hanno portato alla luce che, in base ai test conclusi l'1 marzo, il 64% dei positivi sarebbe stato infettato del ceppo britannico del virus.

Numeri che sembrano confermare la tesi di quanti, qualche settimana fa, mettevano in guardia dalla possibilità che la variante inglese potesse diventare prevalente come avvenuto in altri paesi. La buona notizia è che, stando a quanto riferiscono gli scienziati, non mette in discussione l'efficacia del vaccino. Quella brutta è che pare caratterizzarsi per una più elevata contagiosità e questo, di fatto, rappresenta un rischio considerevole.