Passaporto sanitario e Covid. Un tema che anima i dibattiti politici, ma anche scientifici. L'idea è che, in un futuro, si possa dare maggiori libertà a quanti nel prossimo saranno vaccinati o rispettino determinati requisiti tali da avere libera circolazione senza poter costituire un rischio per la salute pubblica. L'argomento è spinoso, alla luce del fatto che bisognerà valutare l'opportunità di poter adottare uno strumento del genere entro quelli che sono i canoni giuridici delle varie legislazioni. Se ne è parlato anche nel corso della trasmissione Tagadà di La7.

L'ipotesi è che il passaporto sanitario possa in qualche modo diventare un certificato di libertà per quanti abbiano ricevuto il vaccino, avuto il Covid o successivamente ad un tampone negativo. Su quest'ultimo argomento gli scienziati non sono affatto d'accordo in quanto i tamponi sono solo un'istantanea della situazione infettiva di chi viene sottoposto a test, che può variare costantemente in base a diversi fattori Il tema sconfina anche nella materia scientifica. A spiegarlo è stato il virologo dell'Università di Milano Fabrizio Pregliasco.

Passaporto sanitario, le precisazioni di Pregliasco

L'idea che il tampone possa rappresentare una sorta di lasciapassare è destinata a non convincere la scienza.

"Questa parte - ha evidenziato Pregliasco - rende molto 'volatile' il passaporto. Sappiamo che c'è una finestra che arriva addirittura a settantadue ore dal momento dell'infezione alla positività. Io vedrei positivamente il passaporto per il guarito e il vaccinato. Perché, anche noi o vaccinati o guariti in qualche modo sappiamo che è una protezione un po' caduca".

"Sei mesi - ha aggiunto - è un periodo più ampio e può permettere un viaggio di lavoro".

Coronavirus, il virologo Pregliasco chiarisce alcuni punti sul vaccino

Una delle grandi evoluzioni che si attendono in merito agli studi sui vaccini riguarda la possibilità che azzerino la trasmissione. In sostanza, ad oggi, c'è il dubbio che chi è vaccinato possa non sviluppare la malattia o comunque le forme gravi, ma poter diventare comunque un diffusore del virus.

Stando, però, alle parole di Pregliasco le cose potrebbero volgere in modo favorevole. "La registrazione dei vaccini - ha spiegato - per una scelta di risultato è stata quella di dimostrare che la persona non si ammala e soprattutto non ha le forme più pesanti. Questa è l'autorizzazione burocratica. Non hanno fatto anche quella che, invece, da studi successivi ci viene detto che difende dall'infezione. Nella pianificazione degli studi clinici bisogna definire prima i risultati attesi e poi verificare ciò che si è immaginato. Le aziende per arrivare a una registrazione rapida hanno voluto gestire, in accordo con gli enti regolatori, un obiettivo più facilmente raggiungibile".

Servono ulteriori dati e studi per definire meglio se i vaccinati possano o meno trasmettere il virus.

Pregliasco dice: "Quello che sembra ad oggi è che effettivamente la vaccinazione renda 'sterili' o meglio non contagiosi", ma aggiunge: "Questo è un elemento che dovrà essere confermato in modo oggettivo".

La discussione, come detto, resta aperta a livello europeo. Con la speranza che, ovviamente, la campagna vaccinale possa progredire in maniera più spedita.