Il duplice delitto di Lecce è stato commesso da un soggetto capace di intendere e volere. Lo ha stabilito la perizia psichiatrica redatta su incarico della Corte D'assise di Lecce. Antonio De Marco, 21enne ex studente di Scienze Infermieristiche, era lucido quando la sera del 21 settembre 2020 massacrò con quasi 80 coltellate, il 33enne arbitro di Lega Pro Daniele De Santis e la sua fidanzata 30enne Eleonora Mantia.

Il processo a carico di Antonio De Marco è iniziato lo scorso 18 febbraio. Lo studente deve rispondere di duplice omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione e dall’aver agito con crudeltà.

Il movente, secondo i periti, sarebbe nella profonda invidia e rabbia per la felicità di quella coppia, capitata per caso nella sua vita: l'arbitro gli aveva affittato una stanza nell'appartamento di via Montello a Lecce dove poi ha fatto la strage.

Delitto di Lecce, la perizia

La relazione di 16 pagine è stata stilata da due specialisti: Andrea Balbi, psichiatra e psicoterapeuta, professore presso l'università La Sapienza di Roma, e Massimo Marra, neurologo e criminologo clinico, in servizio presso l’ospedale Francesco Ferrari di Casarano, paese natale del killer. I professionisti esporranno i risultati della perizia nel corso dell'udienza fissata per il prossimo 18 maggio, al presidente della Corte, Pietro Baffa, alla giudice a latere Francesca Mariano e ai giudici popolari.

Quindi, alla pm Maria Consolata Moschettini, agli avvocati difensori Giovanni Bellisario e Andrea Starace, ai difensori delle parti civili, Renata Minafra, Mario Fazzini, Francesco Spagnolo, Luca Piri, Fiorella D’Ettore.

Per i consulenti, il reo confesso è capace di intendere e volere come di stare in giudizio. Lucido, De Marco lo sarebbe stato anche nei mesi precedenti quando pianificò il duplice omicidio, concepito come soluzione ai suoi problemi, vissuto con "maligna onnipotenza".

Il duplice delitto sarebbe maturato in uno stato di crescente invidia verso la felicità della coppia. Felicità che avrebbe amplificato la mancanza di empatia dello studente, la sua incapacità di avere relazioni normali, soprattutto con una donna. Il doppio crimine non sarebbe stato commesso d'impeto, provocato da un accesso di rabbia.

Sarebbe stato lungamente pensato e costruito senza remore né rimorsi, e le vittime sarebbero state concepite come oggetti inanimati su cui accanirsi sadicamente.

Moventi, rabbia narcisistica e desiderio di vendetta

Il 21enne che agli occhi di conoscenti e compagni di corso appariva come un 'bravo ragazzo' piuttosto introverso, per gli specialisti che hanno escluso sindromi schizoide, sarebbe affetto da un disturbo narcisistico di personalità di un genere difficile da individuare. Avrebbe un'empatia di grado zero che lo renderebbe incapace di mettersi in relazione con gli altri, quindi di provare rimorso o senso di colpa. Mancando di qualsiasi capacità di comprendere emozioni, sentimenti, pensieri altrui, De Marco avrebbe sviluppato un profondo disagio.

Avrebbe cercato di contrastarlo isolandosi e sviluppando, per contrasto, un "sé" grandioso.

La sua costruzione identitaria sarebbe stata messa a dura prova proprio con l'inizio dell'università, periodo formativo nella vita di un individuo, caratterizzato dall'apertura alla socialità e al confronto. Per De Marco sarebbe stato scandito, invece, da stress e continue frustrazioni, soprattutto nel paragonare la sua condizione con quella di altri studenti che avevano una vita sentimentale appagante a lui negata. Condizione vissuta come una punizione del destino. Ad accentuare quella che i consulenti definiscono "una riorganizzazione psicologica in senso maligno", sarebbe stato proprio il rifiuto da parte di una compagna di corso.

La frequentazione come inquilino della casa di Daniele De Santis, avrebbe incrementato invidia e rabbia narcistica fino al desiderio di vendetta.

De Marco vorrebbe andare nel carcere di Bollate

"A Lecce si parla troppo di me, voglio andare via e spero di tornare a studiare". È il passaggio di una lunga lettera che lo scorso marzo De Marco ha scritto in cella alla Direzione della struttura penitenziaria di Borgo San Nicola, Lecce, dove è detenuto dal 28 settembre 2020, chiedendo il trasferimento in un altro carcere.

Ha indicato quello di Bollate, vicino Milano, uno dei pochi in Italia in cui è consentito ai detenuti di frequentare corsi professionali e di studio. Vorrebbe completare il corso di Scienze infermieristiche che seguiva da un paio d'anni.

Oltre al Dap, il Dipartimento amministrativo penitenziario, dovrà vagliare la richiesta il presidente della Corte d'assise di Lecce, Pietro Baffa, davanti al quale è in corso il processo e che valuterà prima la perizia psichiatrica.