Antonio Ciontoli avrebbe voluto stare in cella con il figlio Federico. Padre e figlio hanno trascorso le prime due notti nel carcere romano di Regina Coeli. Dopo la condanna definitiva per l'omicidio di Marco Vannini, i Ciontoli sono detenuti. La sentenza, emessa il 3 maggio dalla Cassazione, ha reso la pena immediatamente esecutiva. Antonio Ciontoli è stato condannato a 14 anni. Sua moglie Maria Pezzillo e i figli Federico e Martina a nove anni e quattro mesi per concorso semplice in omicidio volontario.
Antonio Ciontoli, la paura del carcere
Nessuno gioisce di una famiglia intera che finisce in carcere: i primi a dirlo sono stati proprio i genitori di Marco, Marina e Valerio Vannini, dopo sei anni di travaglio giudiziario e umano.
Antonio, la moglie Maria e i figli Federico e Martina, sono tutti reclusi da lunedì. Si tratta di un caso unico, destinato a restare nella memoria e a fare giurisprudenza. La famiglia Ciontoli si è ritrovata per l'ultima volta insieme la sera del 3 maggio nella caserma dei carabinieri di Civitavecchia per le generalità. Si sono abbracciati, hanno pianto protestando contro la sentenza ritenuta ingiusta, "quasi una vendetta" secondo le parole di Maria Pezzillo. Un verdetto "eccessivo", condizionato, secondo il loro punto di vista, dalla pressione mediatica che avrebbe maldisposto i giudici e l'opinione pubblica.
Poi, le loro strade si sono separate. Ciontoli, padre e figlio, si sono presentati a mezzanotte in punto davanti al carcere di Regina Coeli scortati dai carabinieri di Civitavecchia.
All'ingresso detenuti, hanno depositato tutti i loro effetti personali. Il 53enne ha consegnato anche le cartelle cliniche perché soffre di problemi cardiaci, e ha tenuto con sé solo la fede nuziale. "Antonio avrà le medicine?", ha chiesto la moglie distante. Durante il breve colloquio iniziale con lo psicologo del carcere, l'unica richiesta avanzata da Ciontoli è stata: "Posso stare in cella con mio figlio?
È solo un ragazzo". La richiesta è stata respinta per questioni di protocollo. I due si trovano in isolamento presso il centro clinico del carcere dove dovranno trascorrere la quarantena.
"Ho paura. Voglio stare con la mamma, sono vaccinata, sono un'infermiera", ha detto tra le lacrime Martina a Rebibbia. Anche madre e figlia sono in quarantena in infermeria.
Tra 14 giorni e dopo tre tamponi, tutti saranno assegnati alle celle definitive. Le due donne dormiranno nella stessa cella. Ciontoli padre e figlio verranno portati a Rebibbia dove pare Antonio preferisca stare: "Lì ci sono meno delinquenti". I due, separati dal muro della cella, hanno lenzuola di carte per questioni di sicurezza e sono sorvegliati a vista. Madre e figlia, sono videosorvegliate.
Ciontoli, intervista mancata con la iena Golia
La 'iena' Giulio Golia pochi giorni fa aveva provato a chiedere un'intervista ad Antonio Ciontoli. "Con nostra sorpresa, ci aveva detto di sì". "Io e lei abbiamo tanto da dirci, ma proprio tanto", gli ha scritto Ciontoli su WhatsApp. L'appuntamento era per domenica 2 maggio, alla vigilia del pronunciamento della Cassazione, nella sede della redazione de Le Iene.
Ma dopo aver preparato il set dove si sarebbe dovuto svolgere il colloquio, l'ex sottoufficiale della Marina non si è presentato.
In questi giorni, Golia aveva ricevuto da Ciontoli decine di messaggi. In alcuni, Ciontoli rivendicava di dover essere lui il solo legittimato a fare domande. "Lei ha mai immaginato quanto io possa essermi sentito responsabile per l'immane dolore procurato in primis a Marina e Valerio, a tutta la mia famiglia e a tante altre persone?", ha chiesto a Golia accusandolo di avere responsabilità nella condanna sua e della famiglia in un contesto "a rischio di altre morti, di suicidi". Antonio Ciontoli si è congedato da Golia con un ultimo messaggio, una promessa che pare una minaccia: l'intervista richiesta "a lei e company gliela farà eventualmente un pubblico ministero".
La mamma di Marco: 'Eravamo una famiglia felice'
In tutti questi anni, i Ciontoli avevano scelto il silenzio. Negli ultimi mesi, invece, ci sono state interviste, lettere aperte, l'uso dei social per smontare la presunta macchina del fango. Quando è stata fissata al 3 maggio la data dell'udienza della Cassazione, Federico Ciontoli ha aperto un profilo e poi una pagina Facebook.
"Ci ha ammazzato il figlio e ancora non sappiamo la verità". Così Marina Vannini ha risposta alle accuse mosse da Ciontoli di strumentalizzazioni giornalistiche del caso. "Eravamo una famiglia felice e quella felicità non ci sarà mai più", ha detto Marina. Ieri, lei e Valerio hanno portato sulla tomba del figlio, a Cerveteri, il mazzo di fiori promesso, "un gesto per dire che ora può riposare in pace". Rose gialle, bianche e girasoli, i fiori preferiti da Marco.