L'accusa è pesantissima: duplice omicidio volontario. Proprio per questo motivo Joselito Marras, 53 anni e il figlio 28enne Micheal, hanno scelto il rito abbreviato durante l'udienza preliminare che si è svolta la scorsa mattina di fronte al giudice Giorgio Altieri. I due allevatori di Dolianova sono accusati di aver ucciso, il 9 febbraio dello scorso anno, altri due allevatori nelle campagne del paese. Si tratta dei fratelli Massimiliano e Davide Mirabello, originari della Calabria, i cui corpi senza vita erano stati ritrovati un mese dopo il delitto nascosti nella macchia mediterranea.

I due allevatori calabresi erano infatti spariti nel nulla, dopo una discussione con i due presunti assassini, e soltanto dopo la confessione di Joselito Marras si era riusciti a ritrovare i loro corpi. Nascosti tra la macchia mediterranea, tra l'altro in un luogo molto frequentato dai famelici cinghiali. Secondo il pubblico ministero Gaetano Porcu, titolare dell'inchiesta, all'origine del duplice omicidio ci sarebbero stati vecchi rancori tra i quattro allevatori, che avevano i terreni dei loro pascoli confinanti. Le due famiglie infatti da tempo avevano avuto discussioni dovute particolarmente allo sconfinamento dei loro greggi nei terreni altrui. I litigi erano infatti all'ordine del giorno al punto che le due famiglie non si parlavano ed erano arrivate ad odiarsi.

Liti continue

Gli allevatori Joselito e Micheal Marras - difesi dagli avvocati Patrizio Rovelli, Fabrizio Rubiu e Maria Grazia Monni – ora si trovano in una cella del carcere di Uta in attesa di essere processati il 15 giugno in un'aula del Tribunale di Cagliari. Nel frattempo i legali della famiglia Mirabello, gli avvocati Gianfranco Piscitelli e Salvatore Sorbilli, si sono visti respingere la richiesta di aggravare il capo d'imputazione, dopo essersi anche schierati parte civile.

Gli avvocati infatti avrebbero voluto che la Procura della Repubblica di Cagliari contestasse a padre e figlio il duplice omicidio aggravato. In questa maniera ai due allevatori sarebbe stato impedito il giudizio abbreviato e quindi il processo in Corte d'Assise. In questa maniera i giudici, in caso di condanna, avrebbero potuto infliggere ai due la pena massima e cioè l'ergastolo.

In realtà però dalle indagini è stato dimostrato che l'omicidio non fu premeditato e nemmeno fu maturato in seguito “a futili motivi” si legge nelle carte. Nel processo, anche per lui con il rito abbreviato, è entrato anche Stefano Mura, Il 43enne originario di Dolianova accusato di favoreggiamento. L'uomo è difeso dagli avvocati Doriana Perra e Gianfranco Trullu. Il giudice, tra l'altro, ha anche permesso all'associazione Penelope di costituirsi parte civile con l'avvocato Antonello Spada. I tanti volontari infatti, per più di un mese, si erano adoperati nella ricerca dei corpi senza vita dei fratelli barbaramente uccisi.

Uccisi barbaramente

La famiglia dei due fratelli calabresi ha storto il naso dopo aver preso atto delle richieste della Procura.

“Sicuramente non ci aspettavamo questo atteggiamento – sbotta Eleonora Mirabello, sorella delle vittime – non lo nascondo ma è stata davvero dura digerire tutto questo. Da più di un anno – prosegue la donna – speriamo nella giustizia e questa per noi è stata davvero una delusione. Un atteggiamento che, come dice anche il nostro avvocato, in parte ci ha fatto perdere fiducia. Il mondo – continua – in questa maniera non penso riesca ad andare avanti. L'unica nostra speranza – sottolinea la sorella dei fratelli Mirabello – è che il giudice non sia clemente. Deve dare loro una pena esemplare, perché questo omicidio a noi ha sconvolto la vita. Stiamo piangendo due fratelli e uomini esemplari”. L'avvocato della famiglia Mirabello, Gianfranco Piscitelli, da le sue motivazioni: “I due imputati non avevano grosse alternative – sottolinea il legale – hanno infatti scelto il rito abbreviato perché le prove a loro carico erano direi schiaccianti. In questa maniera infatti risparmiano almeno un terzo della pena e bloccano tutto il procedimento in base agli atti esistenti. Insomma – conclude – non possiamo approfondire niente”.