Il caso irrisolto della scomparsa di Denise Pipitone, tra i più complessi della cronaca italiana, riserva ogni giorno novità. L'ultimo capitolo della vicenda che ha inizio 17 anni a Mazara del Vallo, è costituito dallo scontro tra l'ex pm Maria Angioni e la Procura di Marsala.

Angioni fu tra i primi magistrati a indagare sul sequestro della bambina, finora mai restituita all'abbraccio di sua madre, Piera Maggio. Fu titolare dell’inchiesta dall’ottobre 2004 al luglio 2005. Indagata per false dichiarazioni sulla vicenda, l'ex pm non recede dalle sue certezze e chiede d'essere processata.

Scomparsa Denise, il post di Maria Angioni

Oggi giudice del lavoro a Sassari, Maria Angioni ha inviato via social un messaggio ai colleghi della Procura di Marsala in vista di un possibile rinvio a giudizio. In un post pubblicato sul suo profilo Facebook lo scorso sabato, 10 luglio, ha scritto che se ritrattasse e abiurasse quanto finora dichiarato al Pm e sostenesse che tutto ciò che ha più volte detto pubblicamente non sia vero, il procedimento penale a suo carico si chiuderebbe subito. Invece, vuole il processo: "È una cosa che devo, a me e a tante altre persone che hanno diritto a giustizia e verità".

Il giudice in questi ultimi mesi ha avuto una rilevante esposizione mediatica: è stata interpellata quasi quotidianamente da trasmissioni televisive che si occupano del caso della scomparsa di Denise Pipitone e ha fatto clamorose dichiarazioni.

Dal piccolo schermo, ha riferito la sua convinzione che il "rapimento" di Denise abbia coinvolto "due gruppi, i buoni e i cattivi". Ha denunciato più volte tentativi di depistaggio che sarebbero stati attuati da esponenti delle forze dell'ordine, connivenze che ci sarebbero state tra indagati e inquirenti, fascicoli aperti per fughe di notizie, oltre a errori gravissimi.

Ci sarebbero state persone sospettate che sapevano di essere intercettate, e conversazioni stranamente disturbate perché le cimici sarebbero state poste vicino a fonti di rumore. Infine, ha svelato che in base a sue indagini svolte proprio sui social, avrebbe accertato che Denise Pipitone, ignorando di essere lei, vivrebbe all'estero, sarebbe sposata e avrebbe anche una figlia.

"Ho la certezza che Denise Pipitone sia viva e l’ho individuata. Ha un figlia", aveva rivelato a Storie Italiane. Questa pista, però, non pare abbia portato da nessuna parte.

I suoi numerosi interventi, oltre a far discutere e a suscitare scalpore mediatico, hanno avviato un'indagine per false dichiarazioni. Nel post in cui ha inserito l'immagine di un quadro che fa riferimento a Galileo Galilei davanti al Tribunale dell'Inquisizione, annuncia che sta studiando gli atti che dispose all’epoca per esigenze di particolare segretezza, e ha depositato una denuncia penale per falsità materiale in atto pubblico.

Da persona informata sui fatti a indagata

Lo scorso 3 maggio, Maria Angioni è stata sentita come persona informata sui fatti dai colleghi della Procura di Marsala.

In quella circostanza, ha confermato le tante accuse più volte fatte in tv. Ma la Procura le ha contestato che mancherebbero prove documentali e riscontri. Da artefice delle nuove indagini sul sequestro della bambina, è diventata indagata.

È del 4 giugno l'avviso di garanzia con l'ipotesi di reato di false dichiarazioni al Pm, poi notificato il 18 giugno, con la nuova convocazione a Marsala, ma in veste di indagata, il 23 giugno. Al vaglio della Procura, ci sarebbe la gestione all'epoca delle intercettazioni su persone sospettate della scomparsa di Denise Pipitone. Alcune conversazioni non sarebbero state volontariamente registrate dagli inquirenti. Nel frattempo, Angioni è passata al contrattacco e ha presentato al Csm due esposti contro i colleghi della Procura di Marsala il cui contenuto non è stato rivelato.

Mistero Denise, episodi contestati

Tra gli episodi contestati all'ex sostituto procuratore, uno riguarda microspie che sarebbero state posizionate al commissariato di Mazara del Vallo in corrispondenza di un condizionatore, rendendo l'audio inascoltabile. Angioni ha riferito di aver tolto al commmissariato che fino ad allora se ne era occupato, l'incarico di intercettare i sospettati. Per i magistrati, invece, la verità è un'altra: l'ex pm avrebbe restituito al commissariato la funzione che gli aveva sottratto.

Il giudice ha riferito di aver sentito all'epoca un dirigente dello stesso commissariato Mazara proprio su presunte anomalie nelle prime fasi delle indagini. Secondo la Procura, non fu mai ascoltato. Per il suo legale, Stefano Pellegrino, i racconti riferiti da Angioni sarebbero "cattivi ricordi in buona fede", tenendo conto della complessità del caso e del tempo trascorso, oltre 17 anni.