"Era tutta una messinscena: ha voluto farsi fotografare con le manette". A parlare è uno dei quattro presunti sequestratori di Patrick Sam Kourosh Demilecamps, il turista inglese di 25 anni liberato, mercoledì 13 ottobre, a Monte San Giusto, sulle colline di Macerata. Il giovane ha raccontato di essere stato tenuto lì per 8 giorni e di essere stato picchiato. Per lasciarlo andare, i quattro fermati (3 ragazzi e una ragazza di età compresa tra i 18 e i 22 anni), avrebbero chiesto un riscatto di 7.000 euro ai suoi genitori. Sul caso di cronaca, ancora tutto da chiarire, stanno indagando i carabinieri del Ros e del comando di Macerata.

L'incontro con i sequestratori

Stando a quanto ricostruito finora, Patrick Sam Kourosh Demilecamps, cuoco 25enne proveniente da una famiglia piuttosto facoltosa residente vicino Londra, è arrivato in Italia il 22 giugno e, dopo aver viaggiato tra il Sud e il Centro dell'Italia, si è fermato sulla costa marchigiana, nei pressi di Civitanova Adriatica, dove ha incontrato, e iniziato a frequentare, i quattro ragazzi ora ai domiciliari con l'accusa di sequestro di persona a scopo di estorsione: Rubens Beliga Gnaga, 18 anni, Ahmed Rajraji, 21 anni, Dona Conte, 22 anni e la sua fidanzata 21enne Aida Carpani. I quattro, per circa un mese, si sarebbero divertiti frequentando locali in compagnia del 25enne inglese, che avrebbe accumulato nei loro confronti un debito da 7.000 euro.

Così, a fine settembre, quest'ultimo sarebbe fuggito a Firenze dove il gruppo lo ha ricontattato martedì 5 ottobre, proponendogli un nuovo incontro.

La versione del turista

Demilecamps ha raccontato agli inquirenti di essersi presentato all'appuntamento in compagnia di un amico tedesco. Mentre erano su una panchina a chiacchierare, però, tre persone li avrebbero accerchiati: "Erano Rubens, Dona Conta e Ahmed – ha dichiarato ai carabinieri - Mi hanno colpito ripetutamente con pugni e calci e mi hanno stordito con la scarica di un taser impugnato da Ahmed, e con dello spray al peperoncino".

Poi, ha continuato: "A forza, mi hanno caricato a bordo di un'auto". Una volta in macchina, stando alla versione di Patrick, i tre lo avrebbero obbligato a ingerire 6 compresse di tranquillante: "Per quasi tutto il viaggio ho dormito - ha sottolineato - mi sono risvegliato all'arrivo nella casa in cui mi avete trovato". Il 25enne inglese era già stato nell'appartamento di Monte San Giusto in veste di ospite di Rubens, che ci abita da qualche anno.

Al turista inglese sarebbe stato restituito il cellulare solo per contattare i genitori e per chiedere loro i soldi di un riscatto di 7mila euro. La richiesta di denaro è stata accompagnata dalla foto del 25enne ammanettato. Grazie alla posizione di Google sarebbe poi scattato il blitz dei carabinieri. Patrick ha anche riferito di aver subito, durante il suo sequestro, atti di violenza continua: calci, pugni al costato, scariche di taser e addirittura tentativi di soffocamento nella vasca. Inoltre, sarebbe stato nutrito solo sporadicamente e con degli avanzi.

'Solo una messinscena'

Davanti al giudice del Tribunale di Macerata Giovanni Manzoni, i quattro indagati hanno voluto raccontare la loro versione dei fatti.

Aurora Carpani - difesa dall’avvocato Marco Fabiani - ha dichiarato di non aver mai saputo che il 25enne fosse rinchiuso in quella casa. A Monte San Giusto, a suo dire, lei ci andava solamente a trovare Rubens, amico del suo fidanzato. Inoltre, ha ribadito che Demilcamps doveva loro dei soldi. Rajraji e Conte, rappresentati dagli avvocati Levino Cinalli e Marco Cecconi, invece hanno assicurato che l'inglese non era affatto sotto sequestro in quanto erano stati assieme tutte le sere e, spesso, era proprio lui a cucinare per tutti quanti. Gnaga, invece, ha affermato: "Era tutta una messinscena". Quindi, precisando che insieme avevano pensato al sequestro per ingannare i genitori, ha aggiunto: "È stato Patrick che ha voluto farsi fotografare ammanettato".

I carabinieri avrebbero evidenziato una serie di "fragilità" nella ricostruzione di Patrick Sam Kourosh Demilecamps. L'orientamento della Procura marchigiana è quello di credere al rapimento, ritenendo, tuttavia, verosimile un accordo finale.