Dalla casa circondariale di Perugia Capanne, dove è stata rinchiusa sabato 2 ottobre, la 44enne di origine ungherese Katalina Erzsebet Bradacs continua a proclamarsi innocente. Però, davanti al giudice che ha confermato il fermo per i gravi indizi di colpevolezza contro di lei e perché la ritiene socialmente pericolosa, si è avvalsa della facoltà di non rispondere.

La donna è accusata di omicidio volontario aggravato: il 1° ottobre avrebbe ucciso con più coltellate Alex, il figlio di due anni conteso tra lei e l'ex marito. Alex era stato affidato al padre e per questo motivo la donna sarebbe scappata.

L'omicidio è avvenuto a Po' Bandino di Città della Pieve, in provincia di Perugia. Contro di lei, le parole di sua madre e dell'ex marito.

Perugia, per il gip una messinscena studiata

"Non voglio più vedere mia figlia": parole definitive pronunciate dalla madre di Katalina Erzsebet Bradacs e nonna del bambino ucciso. La stessa ha poi aggiunto: "Non importa quanto io sia arrabbiata con lei, devo ammettere che è stata una madre che amava follemente Alex e che non poteva accettare la decisione del giudice di affidare il bambino al padre. Ma come può qualcuno uccidere il proprio sangue? È orribile".

Per il gip del Tribunale di Perugia Angela Avila, che ha convalidato il fermo e disposto la custodia cautelare in carcere accogliendo la richiesta del sostituto procuratore Manuela Comodi, l'ungherese avrebbe preparato una messinscena per depistare le indagini.

Il giorno precedente la morte del bambino la 44enne aveva giustificato di avere un coltello, poi sequestrato, per difesa personale, perché "spaventata dalla numerosa presenza di immigrati pericolosi che violentano le donne e ammazzano i bambini".

Perugia, attesi i risultati completi dell'autopsia

I risultati completi dell'autopsia svolta ieri pomeriggio sul corpo di Alex si conosceranno nelle prossime settimane.

L'autopsia con esito parziale ha rilevato che il bimbo aveva numerose ferite da arma da taglio sul collo e sul torace: la morte istantanea sarebbe sopraggiunta per shock emorragico. Le analisi tossicologiche chiariranno se la mamma gli avesse dato farmaci per farlo dormire. La donna, partita per l'Italia il giorno in cui avrebbe dovuto consegnare il figlio al padre a cui il tribunale ungherese l'aveva affidato, si era fatta ospitare a Chiusi per poi introdursi, una volta arrivata a Po' Bandino, in un edificio diroccato dove il 1° ottobre sarebbe avvenuto l'omicidio.

Davanti al cancello di quell'edificio ora ci sono mazzi di fiori. I carabinieri hanno trovato il passeggino del bambino, il fasciatoio sporco di sangue, la maglietta intrisa di sangue di Alex. Nella borsa della donna è stato trovato un coltello con la lama spezzata: ancora da chiarire se sia l'arma del delitto.

Nel pomeriggio dello stesso giorno, 1° ottobre, Katalina Erzsebet Bradacs si è presentata al supermercato Lidl, poco distante dal casolare abbandonato, e ha poi adagiato il corpo del figlio su un nastro trasportatore di una cassa chiusa. Per gli inquirenti avrebbe scelto di non occultare il corpo del figlio, sempre in funzione di una messinscena con l'intento di mostrarsi in stato confusionale.

Continuando a ribadire la propria innocenza, assistita dal suo avvocato e interprete Enrico Renzoni, ha detto di essere venuta in Italia in vacanza e ha fornito versioni dei fatti non ritenute credibili: un uomo di colore avrebbe aggredito il piccolo Alex all'esterno del casolare, mentre lei si sarebbe spostata per andare a prendere un gioco. Ma le telecamere di sorveglianza della zona mostrano sempre e solo la mamma e il bambino. Ha poi raccontato che il bambino sarebbe caduto da una macchina nei pressi di un parcheggio.

Il papà del bambino, tragedia evitabile

Ex colleghe hanno evidenziato che la donna avrebbe avuto problemi psichici almeno dal 2016, manifestatisi già con il figlio maggiore, avuto da una precedente relazione, che nel 2014 le era stato tolto.

La 44enne aveva inviato la foto del bambino insanguinato al figlio 18enne che, spaventato, l'aveva mandata al padre di Alex, Norbert Juhás.

In lacrime, Juhás ha detto che dopo la separazione l’affidamento del figlio era comune, ma lei non gli permetteva di vederlo. E con lui sarebbe stata cattiva. Ha riferito di episodi atroci: durante la gravidanza la donna si sarebbe data pugni in pancia minacciando di dargli fuoco. "Solo per questi motivi avrebbero già dovuto toglierle il figlio". Da separati, lui aveva lottato per avere l'affidamento. Secondo Norbert, la tragedia si sarebbe potuta evitare, ma il tribunale ungherese avrebbe sottovalutato la pericolosità della sua ex. L'omicidio del figlio sarebbe stato premeditato ed eseguito brutalmente. Ora l'uomo desidera solo riportare il corpo di Alex in patria.