La strage di Cisterna di Latina poteva essere evitata? A distanza di oltre tre anni dal duplice omicidio delle figlie Martina e Alessia di 13 e 7 anni da parte del carabiniere Luigi Capasso, di 44 anni, due medici indagati rischiano di essere rinviati a giudizio. Giovedì 23 settembre si è celebrata davanti al gup la prima udienza a carico dei due professionisti che rilasciarono al militare, all'epoca dei fatti in servizio a Velletri, il certificato di idoneità a detenere l'arma con cui il 28 febbraio 2018 sparò alla moglie, Antonietta Gargiulo, riducendola in fin di vita, alle figlie per poi uccidersi.

Strage di Cisterna, la parola alla Giustizia

Il medico personale di Luigi Capasso e il medico militare ufficiale responsabile del Servizio infermieristico della Scuola ufficiali di Velletri sono stati indagati per omicidio colposo. Per la Procura di Latina che, coordinata dai sostituti Carlo Lasperanza e Giuseppe Bontempo, aveva aperto un'inchiesta, Capasso non sarebbe dovuto essere armato. Nel contestare ai medici anche le lesioni ad Antonietta Gargiulo, la Procura vuole accertare perché l'appuntato fu ritenuto idoneo a detenere un'arma.

Prima della strage di Cisterna di Latina, il carabiniere aveva già dato segni di instabilità e minacciato la moglie, Antonietta Gargiulo. A settembre l'aveva picchiata violentemente sia a lavoro davanti ai colleghi della donna, che in casa al cospetto delle due figlie terrorizzate.

Antonietta Gargiulo aveva chiesto la separazione e Capasso aveva dovuto lasciare la casa coniugale. Proprio dopo un esposto presentato al commissariato locale dalla moglie, gli era stata tolta l'arma di ordinanza. Ma a distanza di una settimana l'appuntato, sottoposto a due visite mediche, ne era rientrato in possesso. L'udienza è stata rinviata al 27 gennaio 2022 per dare tempo alle difese di presentare memorie: in quella data, il gup deciderà anche sulla richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura.

I fatti di quel giorno, una strage premeditata

Capasso abitava nella caserma di Velletri ma la notte prima della strage, dopo aver terminato il servizio, anziché rientrare nell'alloggio vagò a lungo. La mattina del 28 febbraio, poco dopo le 5, andò al garage dell'abitazione coniugale a Cisterna. Lì sorprese la moglie di cui conosceva le abitudini e gli orari: come tutte le mattine, prestissimo, la donna si accingeva ad andare al lavoro presso lo stabilimento Findus dove era operaia.

Le sparò cinque colpi lasciandola a terra. Convinto di averla uccisa, rubò nella borsa della moglie le chiavi per poi entrare nell'abitazione dove le figlie ancora dormivano, la più grande nella sua cameretta, la più piccola nel lettone in camera matrimoniale. Nel frattempo, Antonietta Gargiulo, sebbene gravemente colpita, chiese aiuto per sé e per le figlie, temendo il peggio. L'appuntato si barricò in casa: per molte ore, dal balcone andò avanti un'estenuante trattativa con i colleghi dell'Arma. Ma la resa non ci fu, e solo dopo si scoprì che le due piccole vittime della strage erano state uccise dal padre appena entrato in casa.

Erano state raggiunte rispettivamente da tre colpi la piccola, da sei colpi la più grande.

I proiettili avevano raggiunto organi vitali, ognuna delle due aveva un colpo in testa che non avrebbe consentito nessuna possibilità di sopravvivenza. Con la stessa arma con cui aveva freddamente ucciso le figlie, l'appuntato si tolse la vita. In quell'abitazione, i militari entrarono solo a tragedia consumata dopo otto ore. Capasso, prima di uccidersi, scrisse anche due biglietti per i familiari. Tra le domande ancora in sospeso, perché le tante richieste di Antonietta dopo le ripetute violenze subite rimasero lettera morta e perché l’assassino avesse ancora una divisa e un’arma dopo un processo prescritto per truffa e una sospensione di 5 anni?

Strage di Cisterna, centro antiviolenza dedicato alle sorelline

A Roma, il centro antiviolenza del I Municipio, a circonvallazione Trionfale 19, è stato intitolato alla memoria di Alessia e Martina. I dieci centri antiviolenza del Comune, disseminati nel territorio della Capitale, finora erano denominati con il toponimo dell’area in cui sorgono. Dopo un percorso partecipativo, il Campidoglio ha scelto di intitolarli a donne che sono diventate simbolo di lotta, icone di autodeterminazione e libertà femminile, a persone che si sono distinte nelle battaglie in difesa e promozione dei diritti delle donne. Cisterna ha già dedicato alle due sorelline vittime della violenza paterna un gradino della scalinata degli Angeli dove compaiono purtroppo diversi nomi di donne uccise in questi ultimi anni.