Le ricerche del corpo di Saman Abbas sono andate avanti per mesi nelle campagne della Bassa Reggiana senza dare alcun risultato. Emerge solo ora una novità che potrebbe segnare una svolta nelle indagini: lo scorso 3 novembre, è stato trovato un osso cranico nel Po. Laura Galli, la pm titolare dell’indagine, ha incaricato i carabinieri del Ris, il Reparto investigazioni scientifiche di Parma, di fare un accertamento tecnico irripetibile: l’analisi specialistica sul reperto.

La 18enne pachistana era scomparsa il 1 maggio da Novellara dopo aver rifiutato un matrimonio combinato in patria con un cugino più grande di lei di dieci anni.

Per gli inquirenti è stata uccisa dai parenti: l'avrebbero condannata a morte dopo una riunione familiare perché 'colpevole' di vestire e vivere all'occidentale e di aver tradito i dettami dell'Islam. Cinque familiari, a cominciare dal padre e dalla madre della ragazza, quindi uno zio e due cugini, sono indagati per omicidio in concorso, aggravato dal legame di parentela, premeditazione e futili motivi, sequestro di persona, occultamento del corpo della ragazza, che per il momento non è ancora stato trovato.

Saman Abbas, cautela su un osso cranico

I resti di una calotta cranica sono stati trovati a lido Po di Boretto da un passante che ha allertato i carabinieri. A seguire, la Procura di Reggio Emilia ha chiesto ai carabinieri del Ris di effettuare l'esame specialistico dal profilo biologico del Dna per capire innanzitutto se si tratti di resti umani.

La cautela è d'obbligo: di tanti frammenti restituiti dal Po, e già analizzati, molti si sono rivelati essere di animali. A seguire, gli specialisti del Ris verificheranno se possa essere comparabile con il Dna trovato sugli indumenti della 18enne. Gli accertamenti prenderanno il via a metà gennaio.

Il luogo del ritrovamento si trova circa a 20 chilometri di distanza dall'azienda agricola di Novellara in cui la ragazza, tra alterne vicissitudini, viveva con i genitori dal 2016, data del loro arrivo in Italia.

Tutta la famiglia lavorava nell'azienda agricola. In realtà, Saman Abbas era andata via di casa e si era trasferita a vivere in una comunità protetta nel bolognese, fino al momento in cui era diventata maggiorenne. A casa era tornata solo per riprendere i suoi documenti che le erano stati sequestrati dal padre: voleva sposare il ragazzo che amava, conosciuto on line, e iniziare con lui una nuova vita in Francia.

Il ritrovamento dell'osso cranico è stato subito collegato dagli inquirenti al caso Abbas perché una pista dell'indagine conduce al Po. In fase di incidente probatorio, svolto in audizione protetta, il fratello 16enne di Saman ha riferito al gip di aver ascoltato di nascosto una conversazione in cui un cugino durante una riunione di famiglia parlava di "farla in piccoli pezzi" e "buttarla a Guastalla dove c'è un fiume".

Saranno analizzati anche alcuni abiti di Danish Hasnain, lo zio di Saman ritenuto non solo l'esecuore materiale ma la mente del progetto criminoso. Hasnain, arrestato il 22 settembre in Francia, al momento si trova in carcere a Parigi. I suoi abiti sono stati sequestrati il 6 novembre dopo il ritrovamento del reperto osseo.

Saman Abbas, attesa estradizione dello zio

La giustizia italiana attende che quella francese si pronunci in merito alla richiesta di estradizione nei confronti di Danish Hasnain. Dopo tre rinvii, la Chambre d'instruction del Tribunale parigino dovrà deliberare in merito il prossimo 5 gennaio. Oltre a Hasnain, sono indagati anche Shabbar Abbas, padre della ragazza, Nazia Shaheen, la madre, i cugini Nomanulhaq Nomanulhaq e Ikram Ijaz. Quest'ultimo è stato arrestato il 29 maggio a Nimes dalla polizia francese ed estradato in Italia. Restano ancora latitanti i genitori e il cugino Nomanulhaq.

Saman Abbas, genitori ancora latitanti

All'indomani della scomparsa di Saman, i geniitori fuggirono in Pakistan con un volo partito dall'aeroporto di Malpensa.

Per loro è già stata chiesta e accordata l'estradizione. La notte tra il 30 aprile e il 1 maggio, padre e madre di comune d'accordo l'avrebbero consegnata con un inganno ai parenti carnefici. Nelle immagini registrate dalle telecamere di sorveglianza dell'azienda agricola, il 29 aprile, un giorno prima della scomparsa di Saman Abbas, si vedono tre uomini vestiti di scuro, uno con la pala, uno con un sacco e un terzo con un altro attrezzo. Secondo gli investigatori si tratterebbe dello zio e dei due cugini di Saman, ripresi mentre vanno a scavare la fossa in cui occultare poi il corpo della giovane. Per molto tempo, la Procura è stata convinta che il corpo potesse trovarsi in qualche angolo della campagna.

Di recente, Lucia Musti, sostituto procuratore generale della Corte d’Appello a Bologna, ha detto scoraggiata: "Non abbiamo ancora trovato il corpo e forse non lo troveremo mai, o magari lo troveremo tra anni e anni".