È il sesto giorno di guerra in Ucraina: dopo un primo giro di negoziati ieri tra le delegazioni di Mosca e Kiev in Bielorussia, oggi la Russia ha intensificato l’avanzata. Dal fronte infatti arrivano immagini di file di carri armati russi lunghe anche 60 chilometri. Le due città più colpite sono Kiev, la capitale, e Kharkiv, la seconda città del paese, colpita da bombardamenti e razzi su palazzi residenziali e amministrativi.

Intanto l’economia russa cade in picchiata a causa delle sanzioni approvate dai paesi occidentali e per la corsa ai bancomat della popolazione. Le sanzioni colpiscono le banche russe, le loro riserve, ma anche gli oligarchi e gli uomini politici vicino a Vladimir Putin: tra le vittime, però, ci sarà anche la classe media russa.

Ci sono lunghe code ai bancomat, per ritirare contanti o i propri risparmi, possibilmente in valuta straniera: che però si è esaurita rapidamente.

Il rublo si sta svalutando, e le riserve che la Banca centrale di Mosca ha bloccate, e quindi a disposizione, sono stimate al 55%: fattore che porterebbe a possibili paralisi di tutta l’economia. Molte multinazionali occidentali hanno deciso di uscire dalla Russia o di disinvestire dalle aziende russe: sta succedendo in molti settori, dallo sport alla moda, dalla musica all’energia - clamoroso il caso del colosso petrolifero British Petroleum che ha ceduto le sue quote della Rosneft, la più grande compagnia russa del settore oil.

Questa potenziale devastazione finanziaria in Russia non sembra, per il momento, avere ripercussioni gravi sull’Europa e gli Stati Uniti. Ma vediamo più in dettaglio cosa sta succedendo.

Il crollo del rublo

Domenica sera, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato il blocco delle transazioni economiche con la Banca centrale russa: una decisione che ha avuto pesanti ripercussioni sul valore del rublo.

La moneta russa è crollata a -27% sull’euro. La Banca centrale ha preso dei provvedimenti, introducendo controlli all’uscita dei capitali e raddoppiando i tassi d’interesse, che sono passati dal 9,5% al 20%. Un tentativo di arginare l’emorragia finanziaria, per contrastare la svalutazione e l’inflazione. La Banca centrale ha anche richiesto alle aziende esportatrici, compresi i grandi produttori di energia come Gazprom e Rosneft, di vendere fino all’80% delle loro entrate in valuta estera per sostenere il rublo.

Ma il crollo del rublo non sembra fermarsi con la moneta che ormai vale pochi centesimi di dollaro.

La questione del codice SWIFT

Per giorni si è discusso di escludere il sistema bancario russo da SWIFT, il sistema di comunicazione tra banche usato per tutte le transazioni economiche. E la decisione dei paesi occidentali è arrivata, dopo qualche dubbio e tentennamento: buona parte delle banche russe oggi sono escluse da SWIFT.

Cerchiamo di capire di cosa si tratta: SWIFT non è un sistema di pagamento o una banca, ma una piattaforma su cui gli istituti bancari di tutto il mondo (o quasi) si scambiano “messaggi” telematici: tra questi messaggi ci sono anche i pagamenti internazionali. Al sistema SWIFT aderiscono oltre 11mila istituti finanziari nel mondo e la maggior parte delle banche mondiali: è chiaro quindi il sistema bancario internazionale si regge su questa piattaforma, che gestisce la maggior parte delle transazioni.

Va da sé che l’esclusione degli istituti russi da SWIFT è molto grave per il sistema bancario di Mosca: limita fortemente le sue possibilità di interagire con il resto del mondo. Ma le limita anche nell’altro senso: anche le banche estere non possono interagire con quelle russe. Molti leader occidentali temevano che questo avrebbe potuto influire sull’esportazione di gas russo o sull’importazione di beni e prodotti.

Al momento non sono ancora stati diffusi i nomi delle banche escluse dal circuito SWIFT ma, secondo alcuni analisti, se saranno coinvolte quelle più grandi, come Sberbank e VTB, ci saranno conseguenze molto gravi.

Secondo il Financial Times, la Russia è responsabile di circa l’1,5 per cento del volume delle transazioni totali sul sistema SWIFT, sesto paese al mondo per numero complessivo.

Esistono delle alternative allo SWIFT, come il cinese CIPS, che però sono poco usate. Certo, questo potrebbe cambiare con una possibile adesione del sistema finanziario russo.

La situazione di Sberbank

La borsa di Mosca è chiusa da lunedì: la Banca centrale della Russia ha annunciato la chiusura delle negoziazioni di azioni fino al 5 marzo, e valuta la possibilità di riaprire a seconda dello sviluppo della situazione.

I titoli russi però hanno subìto un crollo all’estero: a Londra Sberbank, la prima banca russa, ha perso il -65% del suo valore. E ora è a rischio fallimento. Lo dice anche la Banca Centrale europea: la filiale europea di Sberbank con sede in Austria, la SberbankAg, è “failing or likely to fail”.

Uno stato di crisi dovuto alla mancanza di liquidità, dopo che i clienti hanno prelevato moltissimi o tutti i loro risparmi o i soldi depositati vista la situazione geopolitica.

Sberbank Ag ha filiali in vari paesi europei: è la banca usata dai russi che vivono all’estero. Ma le filiali della zona euro – quindi vigilate e tutelate dalla BCE – potrebbero avere un destino diverso rispetto a quello non in zona euro: Bosnia, Repubblica Ceca, Ungheria e Serbia. Nelle prossime ore il consiglio di risoluzione della banca deciderà cosa succederà al ramo austriaco della banca: probabilmente sancirà il fallimento e traccerà un percorso per la gestione della crisi. In caso di bail in (mai successo alle banche europee), tutto l’onere verrà ripartito sui clienti.

Un fallimento che potrebbe avere effetti sistemi e un’onda d’urto importante, per tutte le sue attività oltre confine. La banca intanto ha stabilito un tetto ai prelievi in attesa di decidere: in Croazia i clienti sono autorizzati a ritirare un massimo di circa mille euro al giorno, in Slovenia le filiali saranno chiuse per i prossimi due giorni e poi i prelievi saranno limitati a 400 euro al giorno.

Le sanzioni di Usa e Europa

Il mondo occidentale, e in particolare Stati Uniti e Unione europea, hanno da subito votato e approvato sanzioni per colpire l’economia russa. Oggi queste sanzioni coprono il 70% delle attività bancarie russe. Su alcune, come sull’esclusione dal sistema SWIFT, ci sono stati dubbi e paesi recalcitranti.

Nell’area europea, possiamo dire che la Francia è per il blocco totale, mentre Germania e Italia, preoccupate per la loro dipendenza dal gas russo, sono più aperturiste. L’Unione europea ha anche deciso di bloccare qualsiasi tipo di transazione con la Banca centrale russa, per isolare ulteriormente il sistema economico e finanziario della Russia. In questo modo Mosca non potrebbe attingere denaro dai propri fondi all’estero: sarebbe più difficile immettere liquidità nel sistema economico russo. Secondo Josep Borrell, l’Alto commissario per la politica estera dell’Unione, la misura potrebbe bloccare circa la metà delle riserve della banca centrale.

Oligarchi alle strette

Prima di tutto, un chiarimento: gli oligarchi sono magnati delle ex repubbliche sovietiche che hanno accumulato grandi quantità di ricchezze in un brevissimo arco di tempo, durante l'era della privatizzazione russa che ha seguito il crollo dell’Unione Sovietica negli anni ’90.

Il fallimento dello stato sovietico sollevò il “problema” della proprietà dei beni di stato: vennero quindi stipulati accordi informali con ex funzionari URSS che hanno acquistato questi beni. Da allora, si sono arricchiti in maniera esponenziale: il più noto è Roman Abramovich, patron del Chelsea che ieri ha deciso di lasciare il board della squadra di calcio inglese. Oggi, sono tra i sostenitori di Vladimir Putin, in compagnia di alleati internazionali che comprendono dittatori e criminali di guerra.

Ieri sono state annunciate nuove sanzioni contro gli oligarchi: 26 persone e un’azienda sono state aggiunte alla “lista nera”, portando il totale a 680 entità sanzionate. L’Unione europea punta a colpire anche in questo modo l’economia russa e la sua possibilità di portare avanti una guerra costosa.

Tra gli ultra ricchi colpiti ci sono uomini che sarebbero molto vicini al Cremlino: Igor Sechin, boss della Rosneft Oil, Alexey Mordashov, proprietario del gigante dell’acciaio Severstal, Alisher Usmanov, considerato l’uomo più ricco di Russia, e Mikhail Fridman, fondatore di Alfa Bank. Bruxelles ha anche colpito Dimitry Peskov, portavoce di Vladimir Putin.

Secondo una stima di Forbes, dal 16 febbraio i miliardari russi hanno perso più di 126 miliardi di dollari di ricchezza. Le sanzioni più comuni sono congelamento dei beni all’estero e divieto di entrare o transitare per i Paesi Ue. Non tutti gli oligarchi però si sono schierati a difesa di Putin: il primo a prendere una posizione contro l’invasione dell’Ucraina è stato Michail Fridman che in una lettera al Financial Times l’ha definita una “tragedia” e un “bagno di sangue” .

Oleg Deripaska, re dell’alluminio e amico personale di Putin, nel suo canale Telegram ha scritto: “La pace è molto importante! Gli accordi vanno avviati al più presto”.

La crisi economica interna, a che punto siamo

La Russia finirà molto probabilmente in recessione, con l’inflazione che sembra destinata a esplodere a livelli molto superiori al 10%. Secondo Reuters, il collasso dell’economia russa sarà difficile da evitare. Una forte svalutazione del rublo significherebbe un calo del tenore di vita per il russo medio, secondo gli economisti e gli analisti. Queste sanzioni colpiranno non solo l'élite russa, ma anche le famiglie che spendono la maggior parte del proprio reddito in articoli essenziali come cibo e medicinali, e che dipendono da prodotti importati e non ufficialmente prezzati in dollari.

Il governo russo dovrà intervenire per sostenere le industrie, le banche e i settori economici in declino, ma senza accesso alle valute forti come il dollaro americano e l'euro, potrebbe dover ricorrere a stampare più rubli. È una mossa che potrebbe rapidamente trasformarsi in iperinflazione.