Per la serie BlastingTalks intervistiamo Maria Grazia Panunzi, presidente di AIDOS. L'Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo Onlus lavora per i diritti delle donne, trattando temi come la salute sessuale e riproduttiva, l’empowerment economico e il contrasto alla violenza di genere.

Blasting Talks è una serie di interviste esclusive con business e opinion leader nazionali e internazionali per capire come la pandemia di coronavirus abbia accelerato il processo di digitalizzazione e come le aziende stiano rispondendo a questi cambiamenti epocali.

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Com’è nata Aidos e quale missione si pone?

Aidos nasce nel 1981 per volontà e desiderio di un gruppo di donne, attive nel movimento femminista italiano, con una aspirazione al dialogo internazionale con altre donne e con il fine di lavorare insieme a progetti di sviluppo condivisi. In sintesi lavoriamo per i diritti, la dignità e la libertà di scelta di donne e ragazze nel mondo. Portiamo una prospettiva di genere per lo sviluppo sostenibile.

Può spiegare ai lettori quali sono le vostre principali attività?

Lavoriamo principalmente realizzando progetti sul campo nei paesi nei quali siamo presenti, come Africa, Medio Oriente, Asia, America Latina ed Europa, per costruire, promuovere e difendere i diritti, la dignità e la libertà di scelta di donne e ragazze.

Operiamo in quattro settori d'intervento principali: contrasto alla violenza di genere; salute e diritti sessuali e riproduttivi; empowerment economico; istruzione e diritto allo studio. Tutti collegati agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. I nostri progetti sul campo in questi settori sono realizzati con un approccio di genere e interculturale che ne consente la replicabilità e adattabilità in contesti diversi, per soddisfare i bisogni delle donne, migliorare la loro vita e realizzare l’uguaglianza di genere.

L’approccio di AIDOS nasce dal dialogo ininterrotto e paritario con le organizzazioni di donne e non governative di tutto il mondo e con chi si occupa di diritti umani, diritti delle donne e delle persone LGBTQ.

Recentemente avete presentato il Rapporto Unfpa 2022 “Vedere l’invisibile”: può riassumere quali sono i principali dati e trend emersi al riguardo?

Dal Rapporto Unfpa risulta che ogni anno metà delle donne che mettono al mondo una bambina o un bambino lo fa senza averlo realmente pianificato o desiderato. Il 6% delle donne di tutto il mondo affronta una gravidanza non voluta. Ogni anno 121 milioni di gravidanze sono indesiderate e si stima che il 61% di esse finisca con un aborto. Connessi sono i dati relativi agli aborti clandestini, le cui conseguenze sono 7 milioni di ricoveri ogni anno e, nei Paesi a basso reddito, i costi sanitari per l’assistenza alle donne che hanno subito aborti in condizioni pericolose per 553 milioni di dollari all’anno. Queste pratiche causano inoltre dal 5 al 13% di tutte le morti materne, rendendolo una delle principali cause di morte materna.

Il Rapporto Unfpa pone quindi l’accento sulla necessità e l’importanza della contraccezione che è fondamentale per l'autodeterminazione e per la prevenzione. Si stima infatti che 257 milioni di donne che vogliono evitare la gravidanza non utilizzino alcun metodo contraccettivo moderno e sicuro. In 47 nazioni, inoltre, circa il 40% delle donne sessualmente attive non utilizza alcun metodo contraccettivo per evitare una gravidanza.

Entriamo nel dettaglio del vostro rapporto: quali sono le cause di numeri così elevati negli aborti clandestini?

Sono l’assenza di una legge che consente l’interruzione di gravidanza che, in questo modo, avverrebbe in sicurezza sia in termini di strutture che di personale, la difficoltà di o il mancato accesso alla contraccezione.

La mancanza di educazione sessuale, lo stigma che accompagna le donne e le ragazze nel corso della vita, l’elevato tasso di violenza di genere. Ovviamente queste cause generiche vanno poi analizzate e osservate paese per paese, in tutto il mondo. Le condizioni sono diverse e cambiano anche a seconda del momento storico.

Qual è invece il collegamento con l’indisponibilità di contraccettivi e quali sono le conseguenze per la salute delle donne?

Il collegamento, come già sottolineato, è evidente: serve la disponibilità di tutti i metodi contraccettivi moderni e la loro conoscenza perché le donne e le ragazze, le coppie, le famiglie possano scegliere liberamente se, quando, con chi e a che distanza intraprendere una gravidanza.

La coercizione e costrizione non dovrebbero fare parte della vita delle donne, questo è una violazione dei diritti umani che comporta anche ripercussioni sui figli e figlie e sulle intere comunità di riferimento. Secondo il rapporto Unfpa dello scorso anno per realizzare l’autonomia corporea si deve “affermare il concetto stesso”, perché sono ancora “troppe le persone inconsapevoli di avere il diritto di fare delle scelte sul proprio corpo e sul proprio futuro”. Fattore determinante per le libere scelte delle donne e ragazze su salute sessuale e riproduttiva è il “livello di istruzione”: quanto più le giovani sono istruite tanto più sono e saranno autonome fisicamente e libere di autodeterminarsi a livello sessuale.

L’autonomia corporea di donne e ragazze deve essere un diritto garantito, è il primo passo per raggiungere l’uguaglianza di genere.

In che modo la pandemia ha influito su queste tematiche?

Come abbiamo visto la pandemia ha colpito donne e ragazze con un impatto drammatico, basti pensare all’aumento in tutto il mondo della violenza di genere, soprattutto quella domestica. I servizi sanitari sotto pressione non hanno garantito i servizi per la salute sessuale e riproduttiva, perché personale e reparti interi sono stati convertiti alla cura del Covid 19. Ci sono state, quindi, difficoltà per chi doveva partorire, per chi voleva interrompere la gravidanza che ha visto limitato anche lo spostamento per raggiungere ospedali dove viene praticata l’IVG, dal momento che in Italia abbiamo il problema degli obiettori di coscienza.

Nel nostro paese, infatti, la percentuale di ginecologi obiettori supera il 70% in quasi la metà delle regioni (ben 10). La salute delle donne viene quasi sempre colpita per prima in contesti di emergenza, anche perché vengono a galla le condizioni di disparità di genere delle diverse società. La pandemia ha fatto emergere problemi strutturali, già esistenti e poi li ha aggravati.

Guardiamo al futuro e in particolare alla scadenza del 2030 per gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu: come si collegano queste tematiche e quali sono i principali ostacoli da superare per colmare il gap rispetto alla situazione attuale?

L’agenda 2030 pone in due obiettivi l’importanza dell’accesso alla salute sessuale e riproduttiva: l’obiettivo 3, che prevede la salute e il benessere per tutte le persone ovunque nel mondo e l’obiettivo 5, dedicato all’uguaglianza di genere.

Si evince che tali diritti sono considerati prerequisiti per raggiungere lo sviluppo sostenibile e sono strettamente connessi. Sappiamo, per esempio, che una ragazza sopravvissuta a violenza, oppure una giovane in un matrimonio precoce è probabile che abbandonerà la scuola, entrando in un circolo di povertà perché non ha avuto un’istruzione adeguata per trovare un lavoro, non avrà gli strumenti per partecipare allo sviluppo della sua comunità, né tanto meno alla vita politica.

Sebbene l’attuale situazione sia molto diversificata nel mondo, ostacoli comuni sono la disuguaglianza di genere, la violenza di genere, comprese le pratiche dannose come mutilazioni genitali e matrimoni precoci, il peso del lavoro di cura che ricade soprattutto sulle donne, il mancato accesso all’istruzione… citando i principali.

Occorre invece mettere le ragazze e le donne al centro di progetti e politiche per il ruolo trasformativo di cambiamento che possono avere, per il loro futuro e per quello del mondo intero.

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