La piccola Diana, morta di stenti a luglio scorso dopo essere stata abbandonata per sei giorni in casa dalla madre, potrebbe aver subito abusi. Su sua madre, la 37enne Alessia Pifferi, già accusata di omicidio volontario aggravato dai futili motivi, ora pende nuova grave accusa. Dalle chat che la donna ha scambiato con un 56enne che frequentava, il sospetto che la bambina di 18 mesi possa essere stata coinvolta in un gioco erotico.

Diana, l'ombra sulla madre e su un uomo misterioso

"Te la senti di stare con me e Diana?": gli inquirenti hanno estrapolato dal cellulare di Alessia Pifferi uno scambio di messaggi che ha allertato la Procura di Milano.

La donna è nel carcere di San Vittore dallo scorso 21 luglio per aver abbandonato nella sua casa di via Parea, nel quartiere milanese di Ponte Lambro, la figlia al caldo torrido e solo con un biberon di latte, lasciandola morire. "Voglio baciare anche lei" e la replica della madre: "Lo farai", si legge ancora nello scambio di messaggi. E poi l'uomo scrive: "Nudi sotto il piumone abbracciati e Diana che dorme" e Pifferi risponde: "Si".

Ieri, 25 ottobre la Squadra Mobile ha fatto una perquisizione nella casa di un 56enne bergamasco: nei suoi confronti è scattata una denuncia: è indagato con Alessia Pifferi per corruzione di minorenne. Il contenuto della chat è riportato nel decreto di perquisizione firmato dai pm Francesco De Tommasi e Rosaria Stagnaro.

Durante la perquisizione sono stati sequestrati due pc e telefoni per verificare se vi siano conversazioni o immagini di minori, in particolare con Diana.

Diana vissuta come un peso dalla madre

Finora, l'inchiesta condotta dalla Squadra Mobile di Milano, coordinata dai pm Francesco De Tommasi e Rosaria Stagnaro, ha permesso di analizzare il contenuto di chat acquisite dal telefono sequestrato alla donna.

Dalle conversazioni è emerso che la 37enne aveva frequentazioni con più uomini, in alcuni casi anche in cambio di denaro. Per gli inquirenti sembra chiaro che Diana Pifferi costituisse un 'peso' per la mamma. La donna voleva una vita "senza figli" considerati "intralcio alle speranze" e a una vita bella "come quelle che si vedono in tv".

Pifferi si sentiva sollevata dalla separazione dal marito col quale aveva condotto una vita semplice, e felice per aver conosciuto il nuovo compagno, descritto come "l'uomo giusto".

"Ho ritenuto cruciale non interrompere i giorni in cui ero con il mio compagno, anche quando ho avuto paura che la bambina potesse stare male o morire. Il futuro con lui era più importante": queste le parole pronunciate da Alessia Pifferi davanti al pm. La donna ha anche ammesso di temere di deludere l'uomo che frequentava e di essere troppo orgogliosa per chiedere aiuto alla sorella. Per il pm è una persona pericolosa, capace di atrocità. A parenti e amici aveva raccontano tante bugie. Ai vicini di casa aveva detto che Diana era rimasta con la babysitter e al compagno, che non è il padre della bambina, che c'era la sorella ad accudire la figlia.

La nonna e la zia di Diana hanno nominato un legale e si sono costituite parte civile contro di lei.

Diana, somministrate benzodiazepine

Le analisi tossicologiche sul corpo della bambina hanno accertato la somministrazione di benzodiazepine, non nel sangue ma nei capelli: gocce forse provenienti dal flacone di En trovato dalla polizia in bagno, sostanza che sarebbe stata trovata anche nel biberon presente nella culla. La madre ha sempre sostenuto di avere dato a Diana tachipirina e negato di averle dato altre sostanze.

La relazione finale chiarirà dosaggio e tempi dell'assunzione di tranquillanti. Per i giudici, Alessia Pifferi è sempre stata lucida e consapevole: “Non ha mai avuto, nella sua vita, nessuna storia di disagio psichico né tanto meno di psico-patologia”: con queste parole, il gip di Milano Fabrizio Filice ha respinto anche la seconda istanza presentata dalla difesa di Alessia Pifferi, con la quale i legali chiedevano di poter fare entrare in carcere uno dei docenti da loro scelti, il professor Pietro Pietrini, ordinario di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica all'università di Pisa, incaricato di redigere una consulenza neuroscientifica e psichiatrica su Pifferi.

Alla seconda istanza, discussa in udienza il 28 settembre, si sono opposti anche i pm Francesco De Tommasi e Rosaria Stagnaro, titolari dell’inchiesta.

"Troppo facile chiudere la partita bollando Alessia come un mostro, bruciandola sul rogo mediatico. La giustizia nega il diritto di difendersi. Come se le neuroscienze fossero qualcosa che può entrare nel processo solo per valutare l'infermità mentale, quando invece studiano i percorsi cognitivi e l'intenzionalità di tutte le attività umane", la risposta di Luca D'Auria e Solange Marchignoli, legali della donna.