Da qualche giorno nelle sale cinematografiche c'è il nuovo film di Paolo Ruffini dal titolo "Tutto molto bello"; il film ruota intorno alla storia di due uomini, uno che lavora all'agenzia delle entrate e che quindi ha un posto fisso con un'entrata fissa, e l'altro invece è un precario con problemi economici e che fa fatica ad arrivare a fine mese; quest ultimo dovrebbe rappresentare la situazione di tantissimi italiani in questo periodo. Si tratta di un tema molto importante che dovrebbe essere argomentato con estrema delicatezza vista la situazione economica del nostro Paese e soprattutto a tutte le conseguenze negative che stanno gravando sulle famiglie italiane.

Forse non era nemmeno il caso di girare un film viste le tante vittime che la crisi sta facendo, le tante imprese e fabbriche che stanno chiudendo e le tante famiglie che stanno emigrando dal Bel Paese.

Chi è entrato nella sala per guardare il film, si aspettava qualcosa di divertente, simpatico, ma che lasciasse qualcosa, un messaggio, un pensiero su cui riflettere alla fine della serata; in realtà si tratta di scene messe insieme, con battute terra terra e alcune senza senso; per molti è stata una delusione. Molte persone che hanno visto il film lo hanno giudicato in modo negativo affermando che invece di "tutto molto bello" il titolo dovrebbe essere "tutto molto banale e scontato".

Dopo "Fuga di cervelli", ci si aspettava qualcosa di più da quest'altro film e invece si è trattato del solito 'filmettino' a tratti anche demenziale.

L'intento magari era pure da apprezzare visto che chi ci ha lavorato voleva lanciare un messaggio serio ma con simpatia, ma l'obiettivo non è stato raggiunto. In alcune interviste dei giorni scorsi, Paolo Ruffini ha rilasciato dichiarazioni come: 'Vorrei essere ai tempi di Totò; spero un giorno di diventare come il grande Massimo Troisi o il grandissimo Eduardo De Filippo' ma secondo l'opinione prevalente, Ruffini sogna ad occhi aperti. Ha ancora tanto da imparare. Come si dice, non c'è due senza tre, quindi aspettiamo il terzo lavoro di Ruffini. Magari la prossima volta gli andrà meglio.