Difficile definire "Bella e perduta", nelle sale dal 19 novembre, film di Pietro Marcello che si ispira ai racconti di Guido Piovene ed unico italiano ad aver partecipato al Festival di Locarno una pellicola riconducibile al Cinema povero e poetico di Pasolini, che unisce elementi documentaristici a quelli tipici della fiction conferendo alla vicenda una consistenza anti-narrativa sviluppata intorno ai drammatici fatti della "Terra dei fuochi". Ad essere bella e perduta infatti è la Reggia di Carditello, in provincia di Caserta, ex masseria borbonica che nei secoli è andata degradandosi sino ad essere prelevata dal Banco di Napoli nel 2011 e poi riacquistata nel 2014 dal Ministero dei beni culturali e turistici, per volere del ministro Bray.
Durante gli anni la Reggia è stata una discarica abusiva, nonché luogo di latitanza di camorristi.
Trama e analisi del film
Marcello racconta una fiaba contemporanea con intenti didattici e antropologici (magari suo malgrado), innestando nella storia una metafora portante, quella di Pulcinella (interpretato da Sergio Vitolo) che, secondo la tradizione funge da mediatore tra il mondo dei vivi e quello dei morti; la maschera partenopea, su commissione del pastore Tommaso Cestrone, custode della Reggia, ha il compito di preservare l'ex settecentesca residenza borbonica e di salvare dal macello il bufalo parlante Sarchiapone che aveva con sé Tommaso.
"Bella e perduta" offre allo spettatore una doppia chiave di lettura: quella politica, in realtà poco efficace e superficiale, che vuole il degrado della Campaniae la presenza della camorra come conseguenze e colpe dell'industrializzazione degli ultimi cinquant'anni, e quella simbolica-popolare, più interessante e riuscita, in cui Pulcinella si toglie la maschera a acquista un'amara consapevolezza, passando da credulone ad antieroe moderno con il ruolo mitico di psicopompo e dove la tragica parabola esistenziale del bufalo Sarchiapone che non può non ricordarci l'altrettanto triste vicenda dell'asino "Balthasar" di Bresson, diviene il punto di vista con cui osservare le deformazioni e le assurdità dell'umanità e della società.
Tanto merito al coraggio di osare di Pietro Marcello, che dopo aver sorpreso nel 2009 con l'onirico "La bocca del lupo", non teme di sperimentare (grazie anche all'ottimo montaggio e sonoro), girando quasi tutto in pellicola e affidandosi ad uno stile "ascetico" e visionario per raccontare corruzione, malaffare, criminalità senza rinunciare a presentare paesaggi stupendi e grandi slanci da parte degli esseri umani che provano quantomeno a sovvertire ciò che sembra sia già stato scritto.
Un film che parla di grazia, di bellezza, di sconfitta, di perdita. Un film da far vedere nelle scuole, per far comprendere quanto a volte sia sbagliato il nostro modo di vedere ciò che ci circonda.