Non l’avrebbe mai detto il presidente dei magistrati sotto la Repubblica di Salò, Domenico Peretti Griva, che a margine della mostra delle sue fotografie ritoccate, o meglio pittoriche, al Museo Nazionale del Cinema ci sarebbe stata Old Memories.

E' una carrellata di vecchie foto di famiglia su Instagram e su Facebook, in lotta con Snapchat, precedute da chiocciola museocinema.

Ma il giudice fotografo, che preferiva i complimenti sulle sue immagini che quelli alle sue sentenze, avrebbe capito.

Nel mondo di oggi, come dice il curatore di Tonabilità tangibili, Dario Reteuna, le immagini svaniscono subito, quando non si involgariscono.

Il meccanismo fotografico si è democratizzato, secondo il maestro del fototogiornalismo, Uliano Lucas, stamattina alla presentazione della mostra, ma deve buttare un occhio alle spalle.

Guardare agli amateurs torinesi che si riunivano intorno alla rivista <La Fotografia artistica>. I loro progenitori erano i tableux vivants e volevano che i fotografi da artigiani diventassero artisti.

Era una reazione alla definizione di Charles Baudelaire del mezzo fotografico come rifugio di tutti i pittori mancati. Un secolo dopo toccò a Peretti Griva difendere la sua arte dai sociologi del Dopo Guerra, secondo lui, gelosi di non saper usare l’obiettivo fotografico.

Da artigiani a registi

Non è un caso che sia la Mole Antonelliana ad ospitare gli archivi sia del cinema che della fotografia, il solo insieme con il George Eastman House nello stato di New York.

Ora la staged photografy è diventata un vero e proprio genere con quadri digitali che sono fermo-immagine. E nella narrazione filmica non esiste più la differenza tra cultura alta e cultura bassa.

Lo sguardo della macchina da presa è quello del metteur en scene. Lo testimonia Paolo Mussat Sartor, affermato fotografo della generazione successiva a Peretti Griva nel foyer del Teatro Carignano.

In ritardo rispetto agli anglosassoni, i giovani epigoni del pittorialismo di Peretti Griva che si ispirava alla vedute di Fontanesi e di Gonin, che illustrò i Promessi sposi, sono riusciti a dare una reinterpretazione creativa del reale e sono in mostra con il maestro sulla rampa elicoidale della Mole.

250 originali del precursore sono, invece, nell’Aula del Tempio fino all’8 maggio.

Sono vedute agresti, boschi, prati, marine, scene domestiche, anche accattivanti, palcoscenici, panorami sotto il cielo e ritratti come nel miglior genere fotografico.

Le nuove leve

Le loro immagini sono quasi sempre dejà vu di Peretti, ma la loro camera oscura si chiama post produzione con photoshop a diversi livelli di texture. Quando smetteva la toga, invece, il giudice faceva vivere le sue emozioni, cristallizzandole in immagini su carta da disegno con il bromuro d’argento. Le stampava e ci rimetteva l’inchiostro ed erano pronte per essere divulgate come lui voleva, tutte da una stessa matrice.

In mostra ci sono anche apparecchi fotografici, attrezzature per sviluppo e stampa, libri e riviste dell'archivio museale.

Si vuole sottolineare che il Museo Nazionale del Cinema è da alcuni anni considerato centro di rilevanza internazionale per la divulgazione della fotografia.

Lo ribadiscono la figlia del fotografo Maria Teresa, la nipote e curatrice Giovanna Galante Garrone e l’ex direttore Alberto Barbera, in attesa di essere sostituito. Un' emergente torinese, Irene Dionisio è stata nominata direttore del Festival di Cinema Gay. Dopo essesi diplomata in documentarismo con Marco Bellocchio ha girato 'Le ultime cose' sul Monte dei pegni di Torino.