Tratto dal buio della Storia, un dramma accaduto più di ottant’anni fa funge da fil rouge per la narrazione del libro “La ragazza tedesca”. Il giornalista cubano Armando Lucas Correa ha voluto sostanziare il suo Romanzo d’esordio con fatti estrapolati da una vicenda vera. Ha dovuto così rievocare una delle pagine più oscure e dimenticate dell’Olocausto. L’incipit della macchina narrante organizzata dallo scrittore usa come vettore di notizie una grossa busta che, aperta da una dodicenne che non ha mai conosciuto il proprio padre, pare provenire da un tempo lontano e aspro.
Gli eventi
Fra i libri pubblicati nell’estate 2017, la vicenda narrata in “La ragazza tedesca” è particolarmente intrigante e porta il lettore in un alveo storico posto nel Secolo breve. Il giorno che una moglie sceglie per comunicare al proprio compagno che aspetta un bambino può essere un semplice giorno. Un normale giorno. Importante per loro due, di sicuro. Ma, quello che la madre di Anna scelse resterà nella storia. Era l’11 settembre. Del 2011. Ma lui non tornò a casa. A lei restò solo una data appuntata per segnalare la scomparsa di Luis Rosen. Il suo sposo. E tante news della Cnn che parlavano dello sconvolgente attacco alle due torri.
La donna aveva trascorso almeno un lustro della sua esistenza insieme a lui.
Eppure, una certa parte sconosciuta e ineffabile nella figura del marito, come una cortina fumogena stesa sopra qualcosa che non si vuol far conoscere al mondo, non le era riuscito a trapassarla. Luis aveva dei trascorsi a Cuba. Luis aveva, per forza di cose, una famiglia. O qualcosa che le somigliasse. Ma, niente. Non gli era successo di chiarirsi nemmeno con la ragazza diventata sua moglie.
E che aspettava una bambina. Del quale lui non riuscirà a essere informato.
La madre, Anna e Hanna
Fu recapitato un pacco. Come avesse una premonizione, quando la mamma vide fra le mani della adolescente la busta, sentì che tutto quello che avrebbe voluto sapere su suo marito, lo scomparso Luis Rosen, e che nessuno aveva mai chiarito, ora sarebbe stato a portata di mano.
Chiese a sua figlia di aprire l’involucro cartaceo. Con meraviglia, si accorsero che il contenitore conteneva un’altra busta. La busta interna aveva una scritta. Vergata con mano non ferma. Vi era scritto: “Per Anna, da Hanna”. Questo significava che l’esistenza della dodicenne Anna era conosciuta. Perlomeno era presente nel sapere di Hanna Rosenthal.
Essa era l’anziana zia che aveva cresciuto il suo papà. E a lei si doveva la spedizione del pacchetto. Quest’ultimo, come da timbro, proveniva dal Canada. La sorgente autentica, invece, era da collegare con la città dell’Avana. La città natale di Louis Rosen. Anna trasse dalla busta interna numerose vecchie fotografie. Erano passati almeno settant’anni da quando erano state scattate.
Fu trovata anche una cartolina che ritraeva una nave, un transatlantico chiamato St. Louis della Hamburg-Amerika Linie.
E la lista originale di 937 passeggeri che erano stati costretti, a causa di ragioni legate alla razza, religione, etnia ad abbandonare la propria patria. Anna e sua madre capirono finalmente cos’era realmente accaduto: partendo dalla Berlino sull’orlo della II Guerra Mondiale, transitando attraverso Cuba che si preparava alla rivoluzione e l’attentato terroristico dell’11 settembre 2001, quella tragedia di lungo corso aveva colpito anche Louis.