Le opere di Marcovinicio sono affollate di visioni liberatorie, oniriche, poetiche, misteriose e magiche ed è per questo che diventano strumenti di attraversamento del reale, traghettatori verso una dimensione altra che suggerisce la capacità umana di immergersi in mondi dove tutto è possibile, attraverso il disinteresse verso regole e schemi precostituiti. Nell'osservare le tele di Marcovinicio la prima sensazione che si prova è di smarrimento e disorientamento, infatti risulta indecifrabile la collocazione delle figure e delle cose nello spazio, non esiste una direzione precisa del quadro, tantomeno risulta individuabile o decifrabile un qualsiasi significato.
L'artista stesso rifiuta di fornire spiegazioni circa le sue opere, semplicemente perché una spiegazione non esiste, i suoi quadri sono "poesie dipinte", come ha più volte dichiarato lui stesso.
Se i quadri venissero capovolti manterrebbero gli stessi valori spaziali ed iconografici, il senso, o meglio il non senso, non cambierebbe; non cambierebbe l'atmosfera sacrale, quasi sacrificale, che li pervade. Ogni personaggio assume i connotati di una misteriosa divinità che galleggiando nello spazio insieme ad oggetti, suppellettili, mobili e animali compie riti propiziatori evocando una poetica visione di una irrealtà tribale pseudoreligiosa.
Il rifugio del male
Il titolo della mostra personale di Marcovinicio in corso presso la Fondazione 107 di Torino fino al 26 novembre è Malmaison.
Questo termine francese deriva dal latino e potrebbe significare "rifugio del male" , infatti la leggenda narra che il Castello di Malmaison, dove viveva stabilmente Giuseppina Bonaparte, moglie di Napoleone, si trovava in una zona dell'Ile de France molto malfamata, infestata dai briganti.
Malmaison per Marcovinicio è il suo studio a Domodossola, una specie di bunker stracolmo di oggetti, molti insoliti e stravaganti, dove l'artista lavora e sogna, in un ostile isolamento, convinto che la figura dell'artista stesso debba scomparire al compimento dell'opera.
Questa sua Malmaison, ricostruita a Torino, rappresenta contemporaneamente il centro dell'universo e il "fuori dal mondo".
I riti dello sciamano
I nuovi quadri di Marcovinicio, esposti a Torino, si intitolano Kalmanie. Questo termine è russo ed è usato per definire il rito sciamanico. Lo sciamano conosce e pratica le varie strategie per compiacere le divinità ed ottenere la loro protezione nella vita e nella morte.
Attraverso le sue pratiche rituali e magiche si trasforma in ogni sorta di animale capace di attraversare i vari regni visibili e invisibili alla ricerca delle cause del male che affligge chi gli chiede aiuto, quindi lo assiste e lo cura. Ma le cure sciamane comportano anche l'uso di piccole gocce di sostanze velenose. Così l'Arte di Marcovinicio passa attraverso artifici dalle formidabili potenzialità terapeutiche ma anche di natura malefica, tali da provocare quella sorta di "shock" che rende l'opera un'opera d'arte. Infatti per l'artista un quadro non può essere considerato un'opera d'arte se non è in grado di sconvolgere, di operare un drastico mutamento di pensiero.
Il superamento della disciplina
Nel 2009, presso la Galleria Civica Giovanni Segantini ad Arco di Trento, si tenne una mostra antologica delle opere di Marcovinicio dal titolo Silenziosa disciplina ed era così che all'epoca l'artista nominava i suoi quadri. Quei lavori avevano una impostazione iconografica dai caratteri "bizantini", ma in essi convivevano gli stilemi della pittura naif con quelli in parte medioevali e in parte rinascimentali, il tutto con una resa estetica simile a quella delle icone religiose.
Nelle opere recenti quella disciplina si frantuma e si scompone pur mantenendo la simbolicità dei singoli elementi che vagano nello spazio e che affollano le tele: una mucca, uno scarpone, il cappello, il tavolino, la cesta la canoa ecc., per non parlare degli animali mistici, dei feticci, delle divinità ultraterrene, il tutto nel vortice di una danza liberatoria.
Quindi Marcovinicio ci offre una rilettura della sua opera, stravolgendone il senso, attraverso una sorta di abbandono ad un incendiario istinto primordiale, ma consapevole e maturo. La sua attività artistica è chiaramente volta ad un "processo di liberazione", alla ricerca di una via di uscita dalle coercizioni del tempo presente, dal mercato famelico e vorace e dalle regole formali. Una speranza di fuga che lo avvicina agli istinti ed al "genio selvaggio" di Gauguin, nella convinzione che oggi, più che mai, una "fuga dal mondo" sia necessaria per trovare l'orientamento verso l'operare dell'artista. Così in un mondo sempre più governato e controllato da strumenti elettrionici Marcovinicio si libera attraverso la pittura e si immerge in un mondo caotico, un mondo capovolto e scombinato, dove non esistono regole.
Marcovinicio Malmaison, Torino, Fondazione 107, fino al 26 novembre 2017.