Non resterà ancora a lungo al Cinema "Il toro Ferdinando", film di animazione della Blue Sky, realizzato da Carlos Saldanha, che già ci aveva regalato lavori come "Rio" e alcuni capitoli della saga de "L'Era Glaciale". La pellicola, che garantisce una scoppiettante girandola di risate, ma anche momenti di riflessione e belle emozioni, è uscita, infatti, subito prima delle vacanze natalizie, ma al momento è ancora presente in alcune sale cinematografiche italiane.
Anche quest'ultima fatica di Saldanha rimane fedele allo stile cui ci ha abituato, caratterizzato da storie in cui gli uomini non ci sono o fanno da contorno, e dove invece gli animali sono i veri protagonisti che, alla fine, si rivelano "più umani degli umani", e in cui non mancano elementi di comicità a tratti esilaranti.
L'intreccio si basa su un racconto diventato ormai un classico della letteratura dell'infanzia, "The story of Ferdinand", scritto nel lontano 1936 da Munro Leaf, e noto anche per essere stato fortemente osteggiato dai sostenitori di Franco in Spagna, come esempio di libro "pacifista", e dalla Germania hitleriana, in quanto "degenerata propaganda democratica", mentre in Cina veniva considerato sprezzatamente un "messaggio alla Gandhi".
Probabilmente vi starete chiedendo come mai questa favola per bambini abbia provocato tanto astio, soprattutto da parte dei regimi totalitari del secolo scorso.
La trama in breve
Ferdinando è un torello che vive in Spagna in un rinomato centro di allevamento per tori da combattimento.
Lo scopo dell'esistenza di tutti i suoi compagni è quello di prevalere sugli altri per dar prova di essere i migliori, ed essere così selezionati per partecipare alla corrida, dove si illudono di poter battere il torero e risultare vincitori. L'alternativa, per quelli che non si dimostrano all'altezza, non è affatto rosea, e ciò giustifica quantomeno il loro spirito di competizione: chi non è abbastanza forte, diventa letteralmente carne da macello.
L'unico che non sembra avere alcun interesse a battersi con i suoi simili o chicchessia, è proprio Ferdinando, che preferisce trascorrere il suo tempo ad annaffiare ed annusare fiori, chiaro riferimento alla sua connotazione post-sessantottina e al suo animo hippie.
Anche quando viene provocato dal "bulletto" (mai termine fu più appropriato) del gruppo, Valiente, rifiuta categoricamente lo scontro fisico, sedendosi sul deretano a sottolineare la sua pacifica ma irremovibile determinazione.
Quando suo padre viene scelto per andare alla corrida e non fa più ritorno, Ferdinando capisce di non poter rimanere a lottare contro i suoi compagni per un sogno - l'essere selezionato per battere il torero - che non solo non condivide, ma che gli appare sempre più come una mera illusione senza speranza. E così coglie al volo la prima occasione e scappa rocambolescamente dall'allevamento, per ritrovarsi ad essere adottato da una famiglia che possiede una fattoria - guarda caso - dove si coltivano fiori.
Cresce felice, amato e trattato come il suo migliore amico da Nina, la figlioletta del fattore (ovviamente orfana di madre, come nella maggior parte delle favole che si rispettino). Cresce peraltro a dismisura, diventando un gigantesco e mastodontico toro che, per uno scherzo del destino, è decisamente più imponente di tutti i suoi precedenti, bellicosi compagni.
Ma le apparenze contano, soprattutto se sei un toro nero di qualche tonnellata: quando, disobbedendo al papà di Nina, Ferdinando partecipa alla fiera di fiori del villaggio vicino e scatena il finimondo correndo all'impazzata a causa della puntura di un'ape, nessuno è in grado di percepire la sua gentilezza d’animo e i suoi occhioni "blu-blu-blu-di-Paul-Newman", ma solo una pericolosa bestia feroce.
Viene quindi imprigionato e riportato lì da dove era scappato, verso quel destino che lo attende inesorabile e a cui costantemente cerca di opporsi. Ma il protagonista del film d'animazione non demorde, e con la sua natura generosa ed altruista converte la maggior parte dei suoi ex compagni, ormai cresciuti, e dei nuovi tori (perfino l'esperimento mezzo genetico, mezzo robotico Maquina), diventando amico di tutti, compresa la capra allenatrice squinternata, e la combriccola di ricci ladruncoli degni di una versione animalesca dei vari "Ocean's Eleven", "Twelve" e tanti altri.
La seconda evasione dal centro di allenamento (che per quanto abbia rinforzato le misure di sicurezza lascia ancora alquanto a desiderare in termini di sorveglianza) è imperdibile: non se ne vedeva una simile dai tempi di "Galline in fuga" (USA, 2000, Lord e Park). Notevole anche l'inseguimento nelle strade trafficate di Madrid, che ricorda perle del cinema di animazione come la scena di "Madagascar 3" (USA, 2012, Darnell, Vernon e McGrath), dove Marty guida l'auto nel centro di Montecarlo e, venendo affiancato da un attonito poliziotto umano, chiede con nonchalance: "ci sono problemi agente?". Insomma, una giusta dose di intermezzi comici prima del colpo di scena e del gran finale dove, come è normale, i buoni sentimenti trionfano.
I lati positivi del film
Primo fra tutti, si ride parecchio. La scena dell'unico combattimento cui Ferdinando non si tira indietro, ovvero la sfida di ballo con il trio di cavalli tedeschi, riesce a strappare una risata non soltanto ai bambini, e ce sono molte di questo genere.
Questo, in effetti, è il pregio maggiore del film: ci sono sì i buoni sentimenti, la morale, i giusti valori ben evidenziati (alla "Coco" della Pixar, per intenderci), ma c'è anche sano divertimento, momenti buffi (vedi qualsiasi intervento dei ricci o della capra Lupe, o il salto del coniglio rosa, o l'entrata e uscita nel negozio di porcellane), che offrono l'opportunità di trascorrere un piacevole momento di svago in famiglia.
Per gli adulti che temono i film con protagonisti animali parlanti, non c'è nulla di cui preoccuparsi: i personaggi di Saldanha sono talmente divertenti ed espressivi, in grado di far cadere tutti gli eventuali pregiudizi in materia.
Ciliegina sulla torta, i messaggi del film sono educativi, positivi e per nulla scontati (come spesso capita nei film del genere). Il modo che ha Ferdinando di reagire alle provocazioni di Valiente, e il suo rifiuto di battersi anche quando (SPOILER ALERT!) ne va della sua stessa vita sono insegnamenti preziosi, da mostrare come possibili modalità per affrontare, ad esempio, provocazioni simili a scuola o nella vita in generale da parte dei bulli, di cui è pieno il mondo.
Così come la capacità e la determinazione del protagonista di non arrendersi e di non rinunciare ad essere se stesso, pur se diverso da chi lo circonda, padre incluso. La forza della scelta non-violenta, che nel finale riesce a conquistare anche i più insospettabili; la considerazione che anche chi viene definito "mammoletta" perché ama i fiori e il ballo possa in realtà dimostrarsi il più forte di tutti, l'unico davvero in grado di vincere, adottando un'altra strada.
"Last but not least", se ancora ce ne fosse bisogno, viene ribadita - anche se con una leggerezza tale da cancellarne ogni retrogusto polemico - l'insensata ed inverosimile crudeltà della corrida. Si potrebbe anche pensare ci sia una strizzatina d’occhio al "credo vegetariano", ma qui forse andiamo oltre.
I lati negativi
Difficili da trovare. Forse il finale in cui tutti, ma proprio tutti, anche il torero più famoso, anche l'allevatore di tori da combattimento, diventano più buoni e si fanno conquistare dal sit-in e dal rifiuto di fare del male di Ferdinando. Infatti credere che degli umani recedano così magicamente dalle loro ancestrali convinzioni - regalando infine pure tutti i tori - risulta un filo difficile e lascia un po' di amaro in bocca. Magari fosse così semplice, viene da pensare.
Bilancio totale
Positivo, indubbiamente da vedere. Probabilmente anche i carnivori convinti si faranno venire un dubbio, uscendo dal cinema, e accennando - loro malgrado - qualche passo di ballo "alla maniera taurina" che, chissà, potrebbe spingere anche il grande Roberto Bolle ad improvvisare una coreografia con i protagonisti della pellicola.