Dall’8 marzo nei cinema italiani Benvenuti a casa mia (titolo originale, À bras ouverts – A braccia aperte), il nuovo film di Philippe de Chauveron, regista francese che si era fatto conoscere in tutta Europa per il successo della sua commedia Non sposate le mie figlie! All’insegna del “squadra che vince, non si cambia”, anche questa volta l’attore principale è Christian Clavier, che tanta fortuna gli aveva portato nel suo precedente lavoro, arrivato in Francia alla cifra record di 12 milioni di spettatori. Il “magico” connubio non parrebbe, al momento, aver funzionato altrettanto, quantomeno in patria, dove Benvenuti a casa mia è stato accolto non molto favorevolmente dalla critica, e decisamente negativamente dalle associazioni rom, che non hanno apprezzato l’umorismo caustico con cui la categoria è stata rappresentata.
Tema della commedia è nuovamente una satira irriverente della società francese, in particolare rispetto alle tematiche dell’integrazione, un po’ come era stato – con risultati, oggettivamente, migliori – per Non sposate le mie figlie!
La trama di Benvenuti a casa mia
Tutto nasce da una sfida lanciata al protagonista, Etienne Fougerole (Christian Clavier), durante un dibattito televisivo. Fougerole è un intellettuale di sinistra che sta promuovendo il suo libro, in cui sostiene che la Francia dovrebbe accogliere A braccia aperte (da cui il titolo originale, appunto) in generale gli immigrati ed in particolare gli esponenti della comunità rom, da tempo presenti sul territorio e discriminati forse più di tutti gli altri – qui si sostiene.
Il suo avversario, rappresentante di posizioni decisamente più conservatrici e di destra, accusa Fougerole di ipocrisia e lo provoca affermando che dovrebbe mettere in pratica ciò che predica, invece di limitarsi a proclamarlo invano.
Messo alle strette, Etienne annuncia di essere pronto ad accogliere personalmente a casa sua (una lussuosa villetta alle porte di Parigi) una famiglia rom, certo di poter lanciare la boutade senza che nessuno la prenda sul serio.
Sta, ovviamente, facendo i conti senza l’oste, o meglio senza la famiglia di Babik (Ary Abittan) che, riunita attorno al televisore dentro la propria sgangherata roulotte, prende al volo la gentile offerta e si presenta ai cancelli di villa Fougerole.
Da quel momento in poi si susseguono una serie di gag che mettono in ridicolo in particolare l’altruismo e la tolleranza di facciata di una certa borghesia intellettualoide di sinistra, qui principalmente nel mirino.
Abbiamo quindi la moglie “artista” (Elsa Zylberstein) che crea opere con materiale di riciclo (e a cui gli “ospiti” rom dicono “Ah, anche tu ami rovistare nella spazzatura!?”), stressata perché la presenza di “estranei” le toglie l’ispirazione prima della sua mostra; il maggiordomo indiano che si rifiuta di servirli perché “pezzenti”; l’agente letterario di Fougerole che approfitta della situazione per coinvolgere la stampa e fare diventare il libro del suo protetto, l’unico intellettuale che “unisce l’atto alla parola”, un best-seller. I padroni di casa passano da attimi in cui apprezzano l’aspetto “genuino” degli inaspettati occupanti del loro giardino a quelli in cui nascondono gli oggetti di valore, osservano agghiacciati uno di loro cacciare le talpe a mani nude o tentano in ogni modo di farli sloggiare – con discrezione, però, per evitare di perdere la faccia.
L’unico che sembra davvero credere a quegli ideali progressisti vanamente declamati è il figlio Lionel, che anzi apre le porte non solo della casa ma anche del suo cuore, innamorandosi della figlia di Babik (e sfidando conseguentemente la sua ira funesta di padre-padrone).
L’ironia tagliente di Chauveron non risparmia nessuno, e anche la famiglia rom non ne è esente: azzeccata, ad esempio, la presa in giro di Babik, quando allontana in malo modo altri poveracci venuti, seguendo il loro esempio, in cerca di asilo, e Etienne commenta, un po’ allibito, che va a finire che si sta integrando proprio bene, sta davvero diventando un “francese”. Altri stereotipi usati per descrivere lo sconclusionato gruppo rom sono – e per questo sono stati aspramente criticati oltralpe – oggettivamente un filo esagerati e grotteschi (dallo squinternato che mangia le talpe a quello che beve il kerosene, all’attitudine a rubare e a non lavorare, al non fare andare a scuola i bambini, all’essere maneschi e maschilisti, per limitarci a citarne alcuni).
I lati positivi del film:
Benvenuti a casa mia, nonostante si basi su un umorismo un po’ scontato, strappa spesso il sorriso e a volte anche le risate. Certo, come già detto, con minore finezza rispetto a Non sposate le mie figlie!, ma nell’insieme resta comunque una commedia divertente.
La presa in giro di un certo tipo di “borghese progressista” è decisamente ben riuscita, e mette il dito nella piaga dell’ipocrisia e della difficoltà a rimanere nei fatti coerenti con ciò che si predica (d’altronde i proverbi cosa li avrebbero inventati a fare, altrimenti?).
La possibilità, nonostante l’evidente leggerezza con cui è trattato l’argomento, di riflettere su tematiche estremamente attuali e anche di sdrammatizzarle, che è sempre un aiuto a poterle affrontare in seguito con maggior serenità.
I lati negativi
Il fatto di utilizzare dei clichés e di avere dei personaggi quasi caricaturali è inevitabile, poiché parte integrante del genere stesso di “commedia alla francese” di cui Benvenuti a casa mia è rappresentante tipico. Forse in questo caso il regista e gli sceneggiatori (tra cui il fratello di Chauveron) hanno un po’ troppo calcato la mano, banalizzando il risultato finale.
La presenza del finto-rom di Marsiglia, che non ha una effettiva ragion d’essere, o se la ha, è ben nascosta e tale rimane anche a visione ultimata.
L’happy-ending totalmente improbabile, che neanche più la Disney ne farebbe mai uno così alla vissero-tutti-felici-e-contenti.
Bilancio totale
Divertimento leggero, anche se in parte occasione mancata, soprattutto se paragonata alle riuscite precedenti e agli ottimi spunti iniziali. Nonostante non sprizzi per trovate geniali ed imprevedibili, offre comunque un buon momento di divertimento senza troppe pretese.