È al Cinema dal primo giorno di marzo 'Quello che non so di lei'. Stavolta Roman Polanski pesca 'D'après une histoire vraie', romanzo di Delphine de Vigan. Una scrittrice di successo vive un momento di eclissi creativa. Il libro che le ha dato la fama trattava la vera storia della sua famiglia, da molti detrattori definito una svendita della sua intimità. La donna affonda in uno stato semi-depressivo, ma la comparsa di una fascinosa nuova amica sconvolgerà la sua esistenza.

Eva Green in gran forma, scrittura e regia meno

Con lo stesso nome della vera autrice letteraria, Delphine si ritrova affiancata da questa donna misteriosa chiamata Lei.

In italia lo abbiamo tradotto fino in fondo per la versione cinematografica, ma in francese è Elle. La prima, con gli iniziali segni del tempo sul viso e l’inquietudine per il nuovo vuoto esistenziale è impersonata da Emmanuelle Seigner, la seconda da Eva Green. La sceneggiatura è stata scritta da Polanski insieme a Olivier Assayas, autore piuttosto algido e affezionato al mistery che ha anche curato meticolosamente l’adattamento per passare dal bestseller al grande schermo.

Quello che non so di lei si presenta come thriller psicologico, sospeso tra le insicurezze divoranti della protagonista e le aggressive incursioni di una donna pratica, affascinante e di successo. Lei è l'esatto opposto di Delphine, la personificazione di tutto ciò che la scrittrice vorrebbe essere.

Ma la provenienza dell’enigmatica Lei è avvolta di mistero. Una donna reale o frutto di fantasia? Su questo dubbio giocava il romanzo e ancora di più il film.

Quasi non sembra una regia di Polanski, quanto più quella di un ipotetico allievo diligente che tenta inutilmente di imitarlo. Manieristico, ripulito, quasi mai coinvolgente.

Con lo scorrere dei minuti si presenta sviluppandosi così questo lavoro. La Seigner, bravissima, è ingabbiata in una specie di Misery non deve morire al contrario. Il suo personaggio però risulta scialbo, scritto in maniera un po' blanda e senza mai barlumi di empatia o reattività. Invece quello misterioso con le fattezze di Eva Green, nei panni di questa alter ego o amica stalker della protagonista, ha un’andatura da regina noir.

Sono i suoi occhioni fulminanti a tirare su il film. Sguardi come lampi di follia repressa. Una calma suadente, decisa e finemente inquietante che trattiene un'energia inconfondibile emanata dal suo oramai noto carisma attoriale.

Scene e thrilling

Le scene sono spesso in interni e il film gioca su atmosfere comunque claustrofobiche. La macchina da presa mette in ordine tanti dettagli scenici per costruire una paranoia materica che tenta di serpeggiare intorno allo spettatore. Intenzione dichiarata da Polanski era quella di riproporre temi e thrilling affrontati in Rosmary’s Baby, Cul-de-sac e Repulsione. Peccato, infatti Quello che non so di lei alla fine della visione si rivela un’arma spuntata ed emotivamente incompiuto.

Sospeso in un limbo dal quale fatica a venir fuori per fedeltà indefessa alla carta e conseguente assenza d’invenzioni narrative per il grande schermo, che avrebbero potuto farlo decollare. Così vicino nel tempo ma altrettanto lontano nella riuscita dai precedenti Carnage e Venere in pelliccia, rappresenta pur sempre una continuità produttiva del grande regista. D'altra parte questo film non è la freccia migliore del suo arco.