Opera interessante collocata in un contesto particolare quella che nella prima metà del '300 ebbe per protagonista un celebre pittore, Buonamico Buffalmacco (1290-1340) e un luogo insolito per rappresentazioni pittoriche: un cimitero, precisamente il Camposanto Monumentale di Pisa. L'opera in questione è il "Trionfo della Morte" la quale, assieme agli altri due elementi del trittico - la "Tebaide" o "Storie degli Anacoreti" e "Il Giudizio Universale e l'Inferno" - rappresenta e segna la lunga stagione dello stile gotico in Italia.

Il restauro dopo i danni risalenti alla Seconda Guerra Mondiale

Nel luglio del 1944 una granata colpì il Camposanto: ne scaturì un incendio capace di provocare lo scioglimento del rivestimento del tetto in piombo che finì per colare sul resto dell'edificio e quindi sugli affreschi. Questi vennero staccati nella loro parte superficiale - applicando la cosiddetta tecnica dello "strappo", particolarmente gradita a Roberto Longhi - e riposti su altri supporti in attesa di un restauro nel frattempo programmato per scongiurare il degrado biologico e la formazione di ossalato di calcio. A presiedere l'attività di restauro eseguita dall'Opera Primaziale Pisana, oggi onlus ma ente di antichissima istituzione (risale al XI secolo), è stato il professor Antonio Paolucci assieme ai capi restauratori Gianluigi Colalucci e Carlo Giantomassi.

Ed è stato proprio Paolucci, già ministro, anni addietro, dei beni culturali, a ricordare l'importanza dell'affresco nel contesto di quella che anche lui ha definito la "Cappella Sistina dei Pisani". La ricollocazione nel Camposanto di Pisa è prevista per il prossimo 17 giugno.

La matrice gotica in un secolo tragico

Buffalmacco è un personaggio noto per essere protagonista di alcune delle novelle boccaccesche che costituiscono in Decameron.

Anche Vasari ne "Le Vite" ricorda l'animo giocoso e generoso del pittore: "Non fece mai la natura un burlevole e con qualche grazia garbato, ch’ancora non fosse a caso e da straccurataggine accompagnato nel viver suo. E nientedimeno si truovano alle volte costoro sì diligenti, per la dolcezza dell’amicizia, nelle comodità di coloro che amano, che per fare i fatti loro il più delle volte dimenticano se medesimi".

Forse perchè il tragico e il comico convivono, ecco che proprio Buffalmacco compone un affresco che potrebbe bene avere il significato di un manifesto del '300, secolo tragico e decadente per eccellenza. Occorre rammentare che la lunga fase della rivoluzione commerciale avviatasi dopo il mille, culmina nel XIV secolo nelle rigidità delle corporazioni cittadine di arti e mestieri, nell’accentramento dell’imprenditorialità nelle mani di abili imprenditori-commercianti a scapito dello sviluppo di un sistema manifatturiero mantenuto volutamente parcellizzato, mentre le crescenti rivendicazioni di un impoverito ceto proletario cittadino ed agrario vengono soffocate nel sangue prima che le “pesti” invadano l’Europa decimandone la popolazione.

Il clima in cui il gotico internazionale si afferma porta con sé, lungo tutto il secolo, i caratteri controversi di un ancoraggio “cortese” che deve fare i conti con il salto in un oscuro baratro di fragilità e di morte, di guerre, di pesti e di carestie, mentre la massima istituzione ecclesiastica, il Papato, vive una delle sue fasi più tragiche e di più lunga crisi, tra lo schiaffo di Anagni e la successiva cattività avignonese, fino agli anni del Grande Scisma che invasero anche il XV secolo. Così, il "Trionfo della Morte" offre la dimensione figurativa più significativa di un secolo che accanto alle idealità dei gesti cortigiani ha fatto del “memento mori” il proprio motto.

La crudezza della morte

In questo solco, Buffalmacco volge l’attenzione verso un assetto estremamente dissonante rispetto all’equilibrio compositivo giottesco che aveva inaugurato il secolo, imprimendo per questa via espressione accentuata al contesto figurativo nel quale i contrasti risultano assai marcati: la gaia illusione dei vivi e la cruda brutalità della morte, la visione mondana dell’esistenza e la ricerca contemplativa, la battaglia tra angeli e diavoli, l’invocazione della morte dei sofferenti mentre mucchi di cadaveri ghermiti da orrendi mostri infernali giacciono sul limine di un’allegra brigata di giovani intenti ai piaceri dell’esistenza. Nell’affresco l’intento veridico delle immagini è evidente: si assiste ad un’iconografia che fa della ricercatezza del tratto narrativo impietoso l’elemento sul quale è focalizzato il linguaggio potentemente emotivo. Il gotico che non ti aspetti.